Forse perché è sempre stato tentato dai due aspetti della legge dello spettacolo cinematografico, Zhou proclama di "voler far cadere il muro invisibile che separa il film commerciale da quello artistico". ERMO risponde a questa esigenza, raccontando di una (forse un po' troppo graziosa) contadina cinese che sacrifica il proprio tempo - e financo il proprio sangue - per comprarsi il più grosso televisore dell'emporio cittadino. Pare che l'intransigenza del cineasta nel voler dipingere il mondo rurale in preda al consumismo nascente abbia fatto fuggire ben 16 studios cinesi, fino ad allora più che comprensivi nei confronti del
"commerciale" Zhou: ERMO nasce quindi non solo dai soldi di Zhou, ma dalla volontà di farne un'opera significativa ed al tempo stesso accessibile.
Sono i pregi - ed in parte anche i limiti - di un film diretto con mano sicura, simpatico ed un attimo furbo.