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AMATA IMMORTALE
(IMMORTAL BELOVED)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 27 aprile 1995
 
di Bernard Rose, con Gary Oldman, Isabella Rossellini, Valeria Golino, Johanna der Steege (Stati Uniti, 1994)
 
Qualcuno diceva che non bisogna mai arrivare in ritardo al cinema: poiché bastano poche immagini per capire tutto di ciò che segue. Programma forse azzardato per critici frettolosi, ma con qualcosa di vero. Perché è nelle sequenze iniziali che l'autore mette tutto sé stesso: ed in quella foga (che può essere generosa, furba, e talvolta anche ispirata) egli rivela il proprio stile. La natura del proprio sguardo: dalla qualità del quale dipenderà la riuscita, o il naufragio di tutto ciò che segue. Nel caso di AMATA IMMORTALE non occorre attendere qualche sequenza: bastano esattamente quattro battute. Che - trattandosi come sapete di una biografia romanzata di un tale Ludwig van Beethoven - tutto potevano essere tranne quelle del taratatàm della Quinta. Ed invece si: con il resto che non tarda puntualmente ad adeguarsi.

Tutto impostato sulla ricerca (post-mortem, da parte del segretario ed amico che vuol farne rispettare le ultime volontà) della misteriosa donna alla quale il compositore avrebbe inviato la famosa lettera all'amata immortale (e che da il titolo al film), IMMORTAL BELOVED avrebbe potuto essere un melodramma fremente, di quelli prediletti dai seguaci di Douglas Sirk. Chi ha scritto la sceneggiatura suggerisce infatti una sua soluzione che si sarebbe prestata a più di una dissertazione nel genere: che si trattasse della cognata del compositore da lui apparentemente odiata, a tal punto da contenderle in tribunale la custodia del figlio, ma in effetti segretamente amata. Segretamente non poi così tanto: visto che il nipote conteso (sempre nella versione Hollywood) sarebbe stato figlio suo...

Ora, il signor Bernard Rose che dirige il film aveva tutto a sua disposizione: un interprete eventualmente delirante come Gary Oldman (e l'ex conte Dracula coppoliano, oltre che ineffabile poliziotto psicopatico nel LEON di Besson ancora sui nostri schermi, è tra le poche cose riuscite del film), tre attrici ispirate come Isabella Rossellini (una marcia in più di tutte, nei panni della contessa Erdödy), Valeria Golino (altra contessa, la Guicciardi, passata alla storia per essere la beneficiaria della sonata Al chiaro di luna...) e Johanna Ter Steege. Più molti soldi per rifare AMADEUS e far vendere tanti dischi ai produttori, tutta una città come Praga che è la sola in Europa ad assomigliare alla Vienna del mitico Ludwig nonché - e scusate se è poco - sir Georg Solti e la London Symphony, Murray Perahia al piano, il violoncello di Yo-Yo Ma, Emanuel Ax, il baritono Bryn Terfel e via dicendo.

Si sa come vanno le cose in questi casi: basta una videocamera da mille franchi, se avete in dono di trasformare la realtà in delirio. Ma potrete provarci inutilmente per una vita intera a colpi di milioni se filmando una zuppa di cipolle questa assomiglierà ad un po' di brodo con dentro un po' di verdura. Beethoven era sordo, ed il regista distorce l'audio per farci comprendere come avessero torto quelli che, poveraccio, dicevano fosse burbero: a poter scegliere, e fosse vissuto ai tempi di Bernard Rose, molto meglio augurargli di essere cieco.


   Il film in Internet (Google)

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