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ASMARA Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 28 maggio 1994
 
di Paolo Poloni (Svizzera, 1993)
"Nell'emigrazione, i genitori hanno poco tempo: lavorano, sono occupati con tante altre cose. Quando si cresce in una situazione senza interruzione storica, la propria biografia, ma anche la propria memoria, si presenta come un assieme naturale di passato e presente. Noi figli di immigrati, invece, questa organicità dobbiamo ricostruircela".

Dal verde pulito della campagna lucernese attorno a Schüpfheim, dove Paolo Poloni è nato - figlio d'immigranti - 40 anni fa, all'apppartamento di Viganello dove oggi il padre ripara gli ombrelli che regala agli amici, coltiva l'orto, e conversa con il figlio, dalla provincia veneta di Caerano San Marco dove Aurelio Poloni nacque nel 1911 all'Eritrea che lo vide sbarcare nel 35 quale più o meno convinto "conquistatore dell'Impero", ASMARA è la storia di questa lucida, affettuosa e pure divertita ricostruzione.

Non tanto (o non solo) un viaggio nello spazio e nel tempo: rivisitazione di un passato costretto, più o meno consciamente sotto silenzio. Piuttosto, un tracciato che affonda le proprie radici in zone di terreno vieppiù profonde, sensibili, reattive; l'esplorazione sempre più esaltante, anche se infida, all'interno di sé stesso, delle proprie relazioni con le origini, le ragioni, l'identità...

La mano cinematografica di questo italo-ticinese di Zurigo (e lo si era già notato nei tempi sufficientemente pacati per essere lucidi, concessi al suo WITSCHI GEHT, luminoso ritratto del pittore handicappato svizzero a New York) consiste nel saperci ridare la realtà con una immediatezza, una facilità istintiva. Ma di saperla poi trascendere, per conferirle un significato che non sia più soltanto dell'episodio: ma che dall'aneddoto finisca per farsi di tutti, e quindi anche della poesia.

Alla prima vena di Poloni appartengono le pagine iniziali del film, quelle dell'infanzia, quando l'autore era "dä Tschingg": l'unico straniero di Schüpfheim, ma anche l'unico in classe ad aver visto il mare. L'unico con un padre che era stato in Africa...

Poche immagini limpide, scolpite nella memoria come nella pellicola, con la radio che trasmette San Remo e conserva il sapore di quel meridione verso il quale presto o tardi urgerà ritornare; le case ordinate - allora come oggi, immobili nel discreto benessere nazionale - l'unica via centrale, le metzgerei, e le backerei, la chiesa, la scuola, la famiglia: fotografie, sequenze in superotto, riproduzione, ma anche investimento in un passato che si fonde progressivamente nell'analisi del presente. Ed, ancora, quelle appena accennate del trasferimento a Lugano, con la vecchia Fiat che scende per i tornanti interminabili dalla Tremola ancora chiazzata di neve; e che egualmente si confondono in quelle attuali, con il figlio che giunge a filmare ad interrogare il padre nell'appartamento di Viganello. E per aprire un libro di ricordi di altro genere." Perché non ci avevi mai raccontato dell'Africa"? , chiede allora il figlio al padre. "Boh..", risponde questi, "così..., non avevo voglia, weiss nit..." Tenero ed imbarazzato, comico e misterioso, l'incontro con la reticenza ed il pragmatismo di papà Poloni avvicina allora lo spettatore al personaggio attorno al quale si organizzerà tutta la simpatia, la grazia, ma anche l'ostinata determinazione di quell'affettuoso regolamento di conti che è ASMARA.

Finiremo per giungerci in quest' Asmara: mitica, scassata, polverosa, e dimenticata, ma nella quale gli indigeni chiedono ancora un cappuccino al bar, ed al ristorante i primi, ed i secondi piatti... Il padre, questa volta assieme al figlio, la riscopre 40 anni dopo esser ritornato in Svizzera: la striscia d'asfalto dell'aeroporto nella sabbia, le strade con le palme rinsecchite che si chiamavano viale Mussolini, o corso del Re; il cinema Impero nel quale si proiettava Scipione l'Africano.

Qui le immagini di Poloni acquistano quella loro seconda, preziosa qualità: si velano di una trasparenza indefinibile, allusiva e misteriosa: quella che serve al regista per trasformare la piccola storia degli individui in quella di tutte le genti. Schüpfheim, Viganello, Asmara si mutano allora in riferimenti non più geografici, ma interiori: in un itinerario che ognuno è libero di interpretare a modo suo, in una conversazione eternamente ricominciata all'interno di sé stesso. Ma, ben presto, ASMARA ritorna con i piedi per terra: con quella felicità di cronaca, fatta di humour e delicatezza che sembrano essere una delle caratteristiche dell'autore. Sono le sequenze memorabili dell'incontro con quelle figure lunghe, un po' indistinte che avevamo intravisto sulle fotografie ingiallite dell'album dei ricordi: filmato praticamente in diretta, l'incontro nella campagna africana fra il vecchio genitore, il "padrone", ed i suoi vecchi amici indigeni: che hanno conservato nella condizione eterna della savana la dignità di una gestualità antica, e l'immediatezza fraterna della parlata italiana.

Testimonianza smaliziata e confessione accorata, ASMARA continua così a scavare in un mistero che diventa sempre meno tale. Che lo conduce ad una sua presa di coscienza, ed ad una nostra preziosa, affettuosa intimità con i personaggi; per finire, in perfetta logica, da dov'era iniziato. Dalla la polvere di Asmara, back to the future fra le colline verdi del lucernese: dai muri sgretolati nel deserto, sui quali si fatica a decifrare ancora il nome di Mussolini, alle spider bianche che corrono sull'asfalto prima di scomparire nei boschi: con le loro cuffie bianche calate sugli orecchi, gli occhialoni anni trenta da rally vieille époque, anche questi gentleman-driver sono alla ricerca di un loro passato. Certo, di una specie del tutto diversa.

Cinema dell'immediato, cinema dell'evasione dall'immediato, quello di Paolo Poloni (che si appresta ora ad affrontare il suo primo film di finzione) ci parla, oltre che di sé stesso, di questa differenza. È una differenza di quelle che contano: anche per una cinema svizzero che ne ha molto bisogno.


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