3827 recensioni a vostra disposizione!
   

ADDIO MIA CONCUBINA
(BAWANG BIEJI)
Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 26 maggio 1993
 
di Chen Kaige, con Leslie Cheung, Zhang Fengyi, Gong Li (Cina - Hong Kong, 1992)
La resistenza artistica nei confronti del potere; e la rivalsa di questo nei confronti della coscienza individuale.

ADDIO MIA CONCUBINA è il titolo dell'ultimo film di Chen Kaige, figlio d'arte, figura di punta di quella "quinta generazione" che sta esaltando il cinema cinese nel mondo.

Ma è anche il titolo di una delle millenarie rappresentazioni dell'Opera cinese: quella che racconta dell' imperatore Liu Bang tradito, due secoli prima dell'era cristiana, da colui che credeva essere il suo più fedele amico. E della sua concubina (che nella tradizione cinese è interpretata da un attore maschio, espressione di una sorta di femminilità sublimata), che preferisce darsi la morte piuttosto che tradire a sua volta il Signore.

La vita e la scena. Chen Kaige ci fa seguire l'esistenza di due celebri interpreti del re e della concubina; al tempo stesso, quello del cammino travagliato della Cina di questo secolo. Dagli anni 20, l'epoca della guerra civile fra i Signori della guerra, al periodo dell'occupazione giapponese, alla guerra di resistenza, l'arrivo dei comunisti al potere, l'euforia rivoluzionaria, il terrore della rivoluzione culturale, fino ai più recenti adattamenti del regime alle leggi di mercato.

Il destino individuale, e quello collettivo. Dai primi anni dell'infanzia, da quando Xialou (che sarà per tutta la vita il Re) e Dieyi (che si farà Concubina, fino a mettere in gioco la propria identità) s'incontrano nella Pechino degli anni 20: all'"Accademia della Fortuna e della Felicità", dove gli allievi dell'Opera sono addestrati a colpi di tremende cinghiate. Dove l'apprendimento del culto più raffinato della bellezza, del controllo più sublimato della gestualità, confina con un sadismo dell'addestramento di stampo militare che fa sembrare una faccenda da educande quello memorabile dei marine di FULL METAL JACKET...

Per tutta la vita Xialou sarà non solo il Re, ma l'uomo forte, colui che affronta di petto, rifiutando i compromessi, i rapporti di forza, i politici che si succedono al potere come le cortigiane che frequentano il suo letto. Dieyi canterà invece per gli invasori giapponesi, dopo che questi avranno profanato lo spettacolo sacro, dopo che uomini nuovi saranno giunti a saccheggiare la tradizione, il culto della bellezza, la disciplina della raffinatezza: non certo per convenienza, ma per coerenza. Quella di un essere assoluto, dedito al proprio re, al proprio amico, alla conservazione di una cultura trasmessa da uomo a uomo.

Non sarà soltanto la progressione brutale della Storia a sconvolgere l'armonia celeste del Re e della sua Concubina: ma la comparsa della cortigiana interpretata da Gong-Li (come dice Kaige: "è la storia dell'amore fra due maschi ed una prostituta"... ). Sarà lei, come dubitarne, a prendere in mano la situazione: obbligando Xialou ad intervenire politicamente, ma anche Dieyi a ritornare a cantare. Pragmatica ed invadente: ma anche sola a consolare la drammatica fragilità della concubina, ormai preda dell'oppio.

Nel 1966, quando gli attori saranno costretti a rinnegarsi davanti alla folla scatenata, Xialou la denuncerà; accusando nel contempo Dieyi di omosessualità, un termine che fino ad allora non era mai stato nemmeno lontanamente evocato. Il processo, ancora più volgare, ancora più crudele di quello in corso, si sarà compiuto: le forze del potere, quelle del calcolo e della sopraffazione avranno avuto ragione dell'intimità, dell'integrità più segreta dei personaggi.

Da TERRA GIALLA al RE DEI FANCIULLI, fino a VITA SU MILLE CORDE Chen Kaige si è rivelato agli occhi degli spettatori occidentali come uno dei più formidabili creatori di forme del cinema contemporaneo. Non era mai stato un gran costruttore di storie: con questo immenso affresco storico e psicologico, questa specie di romanzo popolare nel quale bisognava saper sostenere la progressione della storia con la maiuscola, ma anche quella più intima che viaggia all'interno degli individui, Kaige ha dimostrato di riuscirci. In questo senso, ADDIO MIA CONCUBINA può probabilmente essere visto come il suo film più compiuto a tutt'oggi.

Rispetto a delle opere che hanno coperto il medesimo periodo (si pensa talora a L'ULTIMO IMPERATORE) l'impressione è di grande autenticità: è il padre stesso di Kaige ad aver curato gli ambienti, i costumi, le scene. In quanto al regista, sappiamo che è stato lui stesso costretto alla delazione, quindi alla rieducazione da uno dei famigerati processi rivoluzionari. Ma per straordinaria che possa apparire la ricostruzione storica, la fedeltà alla millenaria tradizione dello spettacolo pechinese, il contrasto fra la splendida, furibonda organizzazione delle scene d'assieme e quella così vicina alla pudica gestualità orientale delle intime, è probabilmente la delicatissima manipolazione della luce l'arma suprema del cinema di Kaige.

Essa sembra modellare lo spazio, prolungare o concentrare l'azione, favorire la dilatazione dei significati verso quell'assoluto che costituisce la ragione più intima del film. È questa luce, a volte tenera, a volte drammatica che lega il ritmo, sovente convulso del film: che amalgama i contrasti clamorosi fra i tempi gridati e quelli sussurrati, che accompagna il virtuosistico susseguirsi di scene, di epoche che sembrano rigenerarsi magicamente nell' esaurimento di quelle precedenti.


   Il film in Internet (Google)
  Film dello stesso regista

Per informazioni o commenti: info@films*TOGLIEREQUESTO*elezione.ch

Elenco in ordine


Ricerca






capolavoro


da vedere assolutamente


da vedere


da vedere eventualmente


da evitare

© Copyright Fabio Fumagalli 2024 
P NON DEFINITO  Modifica la scheda