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BETTY
(BETTY)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 30 novembre 1992
 
di Claude Chabrol, con Marie Trintignant, Stéphane Audran (Francia, 1992)
"Un film può costruirsi su una "storia". Ma anche, come in questa trascrizione di un romanzo di Simenon, su una sola situazione drammatica (una moglie sorpresa in flagrante adulterio sul canapè del salotto bene è costretta a firmare un contratto, secondo il quale rinuncia ai figli, oltre che ovviamente al marito, in cambio di una somma di denaro) che viene successivamente indagata, esplorata all'interno dei personaggi, grazie al potere dello sguardo cinematografico.

Questo ha qualche vantaggio rispetto a quello letterario: che la letteratura è costretta, per raccontare, ad allineare una successione di segni concreti. Mentre il cinema, sfruttando la non-persistenza delle immagini proiettate, può permettersi tutte le ambiguità offerte dalla trasparenza. Ora, assieme ad una estrema precisione di scrittura, alla ferocia nella fustigazione delle degenerazioni borghesi, quello della discesa nell'ambiguità delle coscienze umane è proprio il territorio preferito di caccia del miglior Chabrol.

Cronaca di una deriva, questo ritratto di una donna. Che per fuggire al mondo delle convenzioni e delle sopraffazioni borghesi si rifugia in quello, altrettanto incerto ma perlomeno più autentico delle pulsioni interne: e che per riuscirci deve profittare di un 'altra donna, la sola oltretutto disposta a darle una mano. "Laure Lavancher era morta al posto di Betty. Era una, o l'altra; e Betty aveva vinto. "Simenon conclude così il suo romanzo, ma le derive di Chabrol sono sempre osservate, come da entomologo, e mai spiegate. Usa il flash-back, quel procedimento super-abusato, psicologicamente rudimentale. Ma rifiuta la psicologia: sfrutta l'interiorizzazione di questi flash all'indietro, penetra all'interno del personaggio. Per mostrarci che non c'è niente da spiegare, che Betty è fatta cosi, prendere o lasciare.

Nella straordinaria opacità del personaggio indossato da Marie Trintignant con formidabile, indimenticabile aderenza, Chabrol ritrova quei vertiginosi misteri dell'animo umano che solo l'estrema precisione della regia (la grande lezione hitchcockiana...) riesce a sfiorare senza esserne banalizzata. La coerenza estrema della regia scopre progressivamente la complessa incoerenza dell'animo umano .

BETTY, una nevrosi sessuale svelata dall'alcool? Ma quella cinepresa di Chabrol che indugia infinitamente sulla pelle di Marie Trintignant, che s'attarda a scoprirne la pigra sensualità al risveglio fra le coperte, a coglierne lo sguardo al tempo stesso smarrito e determinato, è il pennello dell'artista che volge l'osservazione in poesia."


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