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1492, LA SCOPERTA DEL PARADISO
(1492: CONQUEST OF PARADISE)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 25 ottobre 1992
 
di Ridlley Scott, con Gérard Dépardieu, Sigourney Weaver, Angela Molina, Tcheky Karyo, Fernando Rey, Angela Molina (Gran Bretagna - Francia, 1992)
 
L'operazione Cristoforo Colombo - ci mancherebbe - è quasi tutta europea. Si finisce per etichettare di americano tutto ciò che appare mastodontico: dimenticandosi che certe grandi produzioni USA (da Griffith a Spielberg, passando dalle parti di De Mille, Gene Kelly o John Ford) sanno avere la leggerezza di un sonetto. Il che non è certo il caso di questa filastrocca, anche se girata da un regista inglese: quando si ha un nome eletto, i film si seguono certo come le ciambelle; ma l'esperienza dovrebbe averci appreso tutto sull'eventualità dei buchi nelle medesime.

1492 nasce da un'idea di una giornalista francese, Roselyne Bosch. E, ahimè, da una sua sceneggiatura: "Tutto ebbe inizio cinque anni fa a Siviglia. Mi fu concesso di visitare gli archivi della città e mi accorsi che essi contengono circa 40 milioni di pergamene, dei quali solo un decimo è stato decifrato. Racchiudono tutta la storia del continente sudamericano, dal primo viaggio di Colombo all'indipendenza di Cuba. Affascinante: dai facsimile delle lettere del genovese mi resi conto di quanto fosse un soggetto del tutto misconosciuto, pronto a riservarci innumerevoli sorprese. Ha condotto mille vite, ma non è soltanto la sua ad appassionarci, quanto tutto ciò che gli accade attorno. Il suo secolo che esce dalle tenebre del Medio Evo per aprirsi al Rinascimento; la Spagna che si sta creando nel fuoco e nel sangue, nel furore e nel misticismo; lo scontro fra due mondi, una specie d'incontro del terzo tipo...Chiamai Alain Goldman, la sola persona che conoscevo del mestiere, e gli dissi: c'è qualcosa di straordinario che si sta preparando. Nel 1992, il mondo intero celebrerà questa ricorrenza, è l'occasione perfetta per fare qualcosa ".

Come non sottoscrivere: ma il problema è che tra il dire ed il fare, mai c'è stato di mezzo - come non lasciarsi tentare dal facile giochetto? - così tanto mare. Se a Colombo tutta quella faccenda costò quarant'anni d'esistenza, sette di tentativi e intrighi vari in Spagna, e trentasei giorni di navigazione per giungere all'isola delle Bahamas battezzata San Salvador, occorre esattamente un'ora al film di Ridley Scott, costruito sulla caravella sceneggiata da Roselyne Bosch, per far sbarcare Dépardieu sulla sua spiaggetta incorniciata dalle dovute palme. Questo per dire che, alla fine del film, mancano ancora quasi un centinaio di minuti. Da destinare - c'insegnano, ci mancherebbero, i testi - a tutto il resto: l'incontro con la natura e gli indigeni buoni ed incontaminati, l'assenza dell'oro da riportare ad Isabella, la cupidigia, gli intrighi, il fallimento coloniale, la delusione e la vecchiaia che invadono progressivamente agli entusiasmi, le utopie, gli idealismi del sogno colombiano.

Ma un film non è un trattato di storia: volerci mettere di tutto (e che tutto...), scoprire le carte e far morire il cattivo nemmeno a metà strada è un'operazione altrettanto suicida che cercare di arrivare in Giappone seguendo il ventottesimo parallelo. Incerta, zoppicante nel rilanciare la tensione del racconto e risvegliare lo spettatore, è soprattutto la struttura scritta di 1492 responsabile del polpettone. Ma non è che la regia arrangi granché. Ridley Scott è sempre stato a suo agio quando può sfruttare il suo virtuosismo foto-pubblicitario. Allora, come in BLADE RUNNER o ALIEN , quella specie di sipario di vetro che fa scendere fra l'azione, i personaggi e lo spettatore gli serve pure: a farlo distaccare da una storia magari di poco conto, per entrare invece in uno spazio di tipo coreografico, usato talvolta genialmente. Dopo l'ultimo, simpaticissimo THELMA & LOUISE c'era da sperare che avesse imparato anche a filmare gli individui. Qui finisce per tradire persino uno specialista della dismisura come Dépardieu: che deambula in camicione scollato alla Cyrano, alle prese oltretutto con un invecchiamento improvvisamente precoce che gli procura la sobbalzante progressione drammatica. Sigourney Weaver, nei panni della comprensiva regina Isabella, e Tcheky Karyo in quelli dell'armatore Pinzon sono tra i pochi a cavarsela: ma non è che dovessero fare l'Amleto.

Così, mille miglia da quella follia al tempo stesso visionaria e anticipatoria che avrebbe dovuto rappresentare, il Colombo di Ridley Scott si perde fra i raggi di sole nella giungla, i soliti tramonti e le corsette al rallentatore che nemmeno più i pubblicitari del caffè osano proporre: e rimane uno dei personaggi storici cinematograficamente più malmenati.


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