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AUX YEUX DU MONDE Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 26 dicembre 1991
 
di Eric Rochant, con Yvan Attal, Kristin Scott-Thomas, Charlotte Gainsbourg (Francia, 1991)
Trascorsa l'urgenza delle cose da dire assolutamente delle opere prime, quelle seconde rappresentano da sempre i capi più difficili da doppiare. E questa ne è l'ennesima conferma.

Non è che Eric Rochant abbia smarrita la sua carica di simpatia, quel suo modo di tagliare a fette il tempo, tutto coniugato al presente, per mostrarci l'interno privo della buccia: quell'aria dei tempi, così preziosa per cercare di capire ciò che ci succede attorno. Ma tutto ciò che filava, quasi per miracolo in quel UN MONDE SANS PITIÈ che lo rivelò nell'89, ora s'inceppa. Anche se con immutata simpatia.

Vivi e lascia vivere o, piuttosto, ama e lasciati amare pare continui ad essere il credo del nostro. Hippo, il protagonista di UN MONDE era un tira a campare follemente innamorata di un'inappuntabile studentessa. Uno che sembrava voler sbattere in faccia ai passanti, in quelle strade di Parigi così ben filmate la sua chiamiamola filosofia: poiché sta andando tutto in vacca, lasciateci almeno amare, anche se del tutto sconsideratamente. Ed ecco ancora l'altro Bruno di AUX YEUX DU MONDE , proprio come dice il titolo, sbattere in faccia a tutti le poche carte che gli han lasciato da giocare: per amore della sua bella che sta lontano, per provare e lei, ma soprattutto al mondo, che c'è anche lui giù nel fondo del Périgord, sequestra un autobus completo di scolari ed insegnante, parte per ritrovare la Charlotte Gainsbourg che (assai più saggia, come tutte le eroine d Rochant del suo maschietto, a meno che sia semplicemente più terre à terre...) finisce ahimè per scornarlo proprio del tutto quando gli chiede se non era meglio fosse venuto in treno.

Il miracolo di cui sopra, responsabile della riuscita del primo film, era quello di riuscire ad esprimere questa sorta d'incoscienza (o di coscienza...) sentimentale senza dovere scegliere una delle due strade apparentemente obbligate: il verismo indispensabile allo spaccato esistenziale, o il lirismo per abbandonarsi alle illusioni neo romantiche. Di riuscire, anzi, a farle coesistere.

Sarà perché dicono che mai ne capitano per due volte, ma in questa storia alla SUGARLAND EXPRESS i miracoli si fanno sempre più rari. A Rochant, cioè, non riesce l'Hitchcock o lo Spielberg: un po' perché cerca altre cose, e un po' perché alla sua storia lo spettatore ci crede ancora meno del protagonista. Ma nemmeno il Forman o il Truffaut: perché l'ironia, la commedia, la follia spesso tentata non è mai sufficientemente osata Certo, sempre sensibile: come quando Bruno si conquista i suoi piccoli ostaggi con le sue storie sui marziani. Come sempre, pesca nel mucchio: Hippo e Bruno sono due qualunque, che il regista sembra ferrare con la cinepresa, per non più mollarli con i suoi teleobiettivi. Ma a questo modo, perde in distacco ciò che guadagna in intimità. Andava bene girando attorno alla Sorbona, agli spinelli, le festicciole e il flipper al bar per tirare sera. Meno bene quando si scappa in autobus con una dozzina di scolari, mezza Francia alle calcagna; e tutto un film da dovere portare a termine.


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