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ATTO DI FORZA
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 23 gennaio 1991
 
di Paul Verhoeven, con Arnold Schwarzenegger, Sharon Stone (Stati Uniti, 1990)
 

Annunciato come il primo film "impegnato" di Schwarzy (sulla scia dei tentativi più o meno riusciti, da parte dei vari muscolari in occhialini come Stallone) TOTALL RECALL è malgrado tutto firmato da un regista (olandese, ora negli USA) dal talento espressivo indubbio (ROBOCOP, LA CHAIR ET LE SANG).

Storia di un uomo che si fa "trapiantare" la memoria, ma poi gli tocca recarsi su Marte dove tira un'aria tutt'altro che simpatica per ritrovare la propria identità, il film si basa su una sceneggiatura contorta ed ipersofisticata: ergo, con l'aria che tira non priva d'interesse. Poiché si fonda sulla memoria, s'ispira all'opera di fantascienza di Philip K. Dick proprio come il celebre BLADE RUNNER...

Il che è un guaio: poiché mentre nel film di Ridley Scott l'ambientazione ormai leggendaria arrivava quasi sempre a significare (ed a poetizzare) una vicenda ovviamente strampalata, qui le scenografie, i costumi, gli effetti speciali (abbondantemente messi a disposizione da un budget imponente) sono interessanti: ma mai sfruttati al di là del loro lato curioso, per significare in qualche modo il racconto. Passata la prima mezz'ora di vaga sorpresa dovuta allo sfondo, è la filosofia schwarzeneggeriana ad avere il meglio: incapace di approfondire i risvolti psicologici del personaggio, il tutto sfocia in una violenza ingiustificata, mai traslata da un distacco espressivo o da una nota di humour. Interminabili mitragliate, esplosioni catastrofiche e colpi di karatè spediscono il film, invece che nella metafisica, dalle parti del telefilm: coi buoni ed i cattivi a darsele di santa ragione, nella completa indifferenza degli spettatori.

Si comprende ciò che deve interessato il regista: quel tema del doppio, della castrazione, dell'immobilizzazione (che conduce l'uomo alla robotizzazione), dell'ambiguità sessuale che già erano stati suoi in precedenza. Ma qui, l'incontro con Schwarzenegger sembra evidenziare soprattutto i limiti di Verhoeven: il ricorso alla violenza gratuita, il giochetto da videogame impazzito. Sicuramente sufficienti, per garantire il successo del film presso i fruitori dai timpani corazzati.


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