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CRIMINI E MISFATTI
(CRIMES AND MISDEMEANORS)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 2 aprile 1990
 
di Woody Allen, con Woody Allen, Mia Farrow, Martin Landau, Anjelica Huston, Daryl Hannah (Stati Uniti, 1989)
 
"Il cinema di Woody Allen appartiene, in maniera sempre più netta, all'universo della schizofrenia. Fenomeno che gli è particolare, come è particolare - non bisogna dimenticarlo - alla maggior parte dei registi comici, Chaplin prima di ogni altro. Schizofrenico, il cinema di Allen lo è innanzitutto nella sua progressione, poiché la sua carriera è come spaccata in due.

Una prima parte, quella che va da PRENDI I SOLDI E SCAPPA fino a AMORE E GUERRA, che è composta, più che da film comici, da opere farsesche: trionfo della gag, predominanza soprattutto della comicità verbale ereditata dall'apprendistato teatrale e radiofonico. Patrimonio formidabile, ed apparentemente inesauribile di soluzioni satiriche, talvolta addirittura sprecato da una scrittura cinematografica approssimativa.

ANNIE HALL (1977), più del seguente e leggermente compiaciuto MANHATTAN, rappresenta l'opera-cerniera: disgregando la struttura narrativa, introducendo il flash-back, moltiplicando personaggi e situazioni, il comico si fa regista. E introduce quegli elementi di linguaggio che diverranno, a partire da quel momento, delle sue costanti.

Da dieci anni a questa parte, dunque (secondo elemento schizofrenico), il cinema di Allen diventa quello dell'alternanza: un film "comico" o leggero, seguito da uno tragico o perlomeno drammatico. All'interno di questo schema, l'arte registica del comico si affina sempre di più, fino a raggiungere il perfetto equilibrio espressivo di quella che è probabilmente la sua opera strutturalmente più compiuta, HANNAH E LE SUE SORELLE.

Comparendo quale attore per la prima volta dopo cinque anni, fondendo la vena più malinconica di UN'ALTRA DONNA al film ad incastro genere HANNAH o RADIO DAYS, con quest'ultimo CRIMINI E MISFATTI Woody Allen perfeziona ulteriormente il proprio itinerario verso una poetica della schizofrenia. Poiché tutto, in questo film costruito sulla nozione dello sguardo (dei due protagonisti, uno è oculista e l'altro cineasta, il rabbino che fa da intermediario perde progressivamente la vista, l'amante aspira ad essere finalmente "vista", eccetera) si situa in antitesi.

Tragedia e comicità, per la prima volta nel cinema di Allen, coesistono infatti con volontà di radicale parallelismo all'interno di uno stesso film; due personaggi, uno in modo tragico, l'altro in maniera comica, incarnano quel sentimento di colpevolezza che è alla base di CRIMINI E MISFATTI. Un medico benpensante, socialmente e privatamente onorato, accetta progressivamente l'idea di sbarazzarsi di un'amante divenuta insopportabilmente ingombrante. Ed un cineasta del tipo cosiddetto impegnato, accetta il compromesso più vile: girare - per ragioni alimentari - un documentario sul fatuo regista di successo commerciale. Il quale, quasi non bastasse, finirà per far innamorare di sé l'intellettuale donna dei sogni del nostro delizioso perdente.

Due storie, quindi, due personaggi, due toni espressivi: che servono al regista per smorzare (vecchio procedimento del cinema comico), passando da un episodio all'altro, l'effetto drammatico quando diventa eccessivamente marcato. Due filoni che si sviluppano autonomamente sul tema (tipico della cultura ebraica alla quale Allen, come sempre, più che esplicitamente si riallaccia) della colpa e dell'espiazione: per ricongiungersi in un finale fin troppo casuale per non essere un tantino forzato (ed è proprio l'aspetto più discutibile del film, contribuendo a tingerlo di un leggero moralismo di maniera, che mal si concilia con la tradizionale leggerezza di tocco dell'autore).

Malgrado questa esitazione finale, il parallelismo di CRIMINI E MISFATTI, proprio perché lo sentiamo maturato sulle esperienze delle opere precedenti, non è però mai arbitrariamente introdotto. Quasi il regista ponesse costantemente uno sguardo retrospettivo alla sua opera, esso appare invece come un rifiuto a scegliere fra due strade: ma un rifiuto espresso in termini creativi e non inteso come accettazione di una impotenza espressiva. Sempre di più i suoi personaggi giocano di questo parallelismo per costruirsi artisticamente: grazie alla maturità registica di Allen, essi possono ormai costantemente proiettarsi dal mondo della realtà a quello della fantasia . Così, come quelli de LA ROSA PURPUREA DEL CAIRO passavano dallo schermo alla platea, e cioè dal mondo della creazione a quello della quotidianità, così la Gena Rowlands di UN'ALTRA DONNA accedeva ad un mondo diverso - e di difficile accettazione - ascoltando al dilà di un muro, ciò che stava accadendo ad un altro essere umano.

Così ora, sempre poiché guidati da un mano registica vieppiù' sapiente, essi possono permettersi, in CRIMINI E MISFATTI, di tenerci col fiato sospeso con il loro deambulare fra quelle due dimensioni: e tentare - inutilmente, come sappiamo - di sfuggire alla diversità di quei due mondi. Che sono poi quelli del proprio destino, del proprio passato, dei propri compromessi.

Eterno trasformista - proprio come quel ZELIG al quale riusciva di mutarsi a seconda delle circostanze e delle necessità - il personaggio alleniano assomiglia quindi sempre di più al proprio burattinaio: nel suo rifiuto delle regole, nella sua volontà di sfuggire ai condizionamenti del mondo che lo circonda, al peso della tradizione e del conformismo sta la sua disperazione e la sua vitalità. In due parole, il suo essere moderno."


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