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IL CIELO SOPRA BERLINO
(DER HIMMEL UBER BERLIN)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 16 giugno 1988
 
di Wim Wenders, con Bruno Ganz, Solveig Dommartin, Peter Falk, Otto Sander (Germania, 1987)
 
Il cinema ha bisogno di poeti: e come non definire tale qualcuno come Wim Wenders che, nell'anno di grazia l987 mentre tutti tirano i remi in barca e mirano al sodo, ha il coraggio di filmare la storia di due angeli che sorvolano, ad amano, Berlino ed i berlinesi?

Sono angeli, per interessare l'autore di PARIS,TEXAS, ovviamente particolari. E di sesso, tanto per tranciare subito sui dilemmi, maschile. Di sembianze (a parte le ali che proprio ci vogliono) tra il dimesso ed il seducente sulla tarda quarantina (Bruno Ganz). Di proprietà particolari: osservare - in bianco e nero - quanto accade di recondito in ogni angolo della città. Ascoltare - invisibili - tutto quanto si dice e, ancor più, si soffre. Ma anche del tutto normali: tanto da innamorarsi - questa volta a colori - di una bella trapezista. I confini tra gli angeli che sanno ancora amare, e coloro sulla terra che non disdegnano di volare sono quindi esigui da tracciare: la vera fiaba, per Wenders, è quella del cinema. Che permette questa specie di profili: ed il piacere di abbandonarsi all'osservazione dell'uomo, del suo modo di vivere, del suo ambiente. La possibilità, per la grazia di questa osservazione, di essergli vicino nei momenti di solitudine, di disperazione e di felicità.

IL CIELO SOPRA BERLINO è un'opera, lo avrete capito, che onora un'arte spesso involgarita da calcoli di ogni sorta; scritta da un cineasta che, come pochi altri, è in grado di rinnovarsi costantemente. Pur con qualche lungaggine intellettualistica che, a nostro parere, lo rende meno leggibile al grande pubblico del precedente PARIS, TEXAS, il film segna un svolta probabilmente determinante nella carriera del grande regista tedesco. Poiché vi introduce la dimensione spirituale e metafisica. Il cinema di Wenders era segnato dal tema dell'itinerario. Nel primo periodo tedesco questo era fisico, terreno: e riassumeva la ricerca della propria identità. Proseguita negli Stati Uniti, origine del segno cinematografico, essa si adeguava vieppiù alla problematica esistenziale ereditata dalla "road-movie": la migrazione come rifiuto dell'ideologia famigliare, tradizionale. Il viaggio come espressione dei valori legati al presente.

Con IL CIELO SOPRA BERLINO il ritorno in patria del regista non è soltanto materiale: ma con questa storia tutta costruita in verticale - cosi diversa dai tragitti orizzontali di quelle che l'hanno preceduta - Wenders sembra impregnarsi di una spiritualità per lui inedita. E che meglio lo integrano alle tendenze - e forse anche alle contraddizioni - di questa fine degli anni ottanta.


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