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GRIDO DI LIBERTÀ
(CRY FREEDOM)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 31 marzo 1988
 
di Richard Attenborough, con Kevin Kline e Denzel Washington (Gran Bretagna, 1987)
 
"Se è vero, e non c'è da dubitarne, ciò che dice l'autore ("88 percento degli Americani ignora l'esistenza dell'appartheid"), un film come questo è non solo nobile ma indispensabile. E, dall'altro, ingiudicabile.

Il dramma e la vergogna del Sudafrica sono divulgati da GRIDO DI LIBERTÀ con forza ed emozione: bastano un paio di sequenze di folla (ed in particolare quella straziante del finale, che rievoca il massacro degli studenti a Soweto nel 76), nelle quali Attenborough è specialista, per raggiungere lo scopo. Non dimentichiamo infatti che questo tipo di pellicola è destinata ad una grandissima diffusione mondiale. Artisticamente, o anche soltanto strutturalmente (cosa che probabilmente ci si aspetta da un recensore cinematografico), il film è lungi dall'essere compiuto. Non solo: ma l'incertezza della costruzione e del tono che governano la sua fattura lo rendono (lo hanno già reso...) addirittura ambiguo.

Certo, è difficile seguire la critica americana, che ha definito addirittura razzista il film: che si occupa per un terzo di Steve Biko e dei neri, e per tutto il resto del destino - encomiabile ma reso con molle sentimentalismo - della famiglia bianca del giornalista Donald Woods (dagli scritti del quale è desunto il film). Ma nemmeno si può evitare di riconoscere che - grazie ad una prima parte predicatoria ed alquanto soporifica, ed una seconda che si vorrebbe a suspense e che invece risulta una cronaca sdolcinata di saluti fra genitori, suoceri e cagnolini - gli errori del film portano acqua agli eventuali, ma sicuramente non impossibili avversari del film. Che, e non completamente a torto, è stato definito di tono enfaticamente propagandistico.

GRIDO DI LIBERTÀ è un film che un regista largamente sopravvalutato (si pensi a cosa sia riuscito, in una carriera per molti aspetti simile, un altro insigne inglese, David Lean) ha condotto con generosità e particolare approssimazione. A parte le già citate sequenze di massa e la commossa interpretazione di Washington nel ruolo di Biko, l'eco degli incredibili squilibri nella costruzione, dei dialoghi didattici e dello sterile conformismo della seconda parte arrischiano di rimanere nel tempo altrettanto a lungo di quello delle buone intenzioni."


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