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GIULIA E GIULIA Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 8 ottobre 1987
 
di Peter Del Monte, con Kathleen Turner, Gabriele Ferzetti, Sting, Gabriel Byrne (Italia, 1987)
 
Peter Del Monte
"Un film di grosse ambizioni, un budget molto importante investito da mamma RAI, un procedimento tecnico inedito e le star internazionali.

L'alta definizione è la televisione di domani: quella che, con più di mille righe di definizione (contro le seicento e qualcosa del sistema attuale) permetterà di ottenere delle immagini nitide, come dicono gli entusiasti, quanto quelle del cinema su grande schermo.

Girate in elettronica, e trasferite in seguito su pellicola 35 mm, le immagini di GIULIA E GIULIA non peccano certamente per nitidezza: l'aumento di definizione permette di ovviare a quello che costituiva finora il maggior inconveniente dell'estetica video. Quella pastosità del fotogramma che non solo gommava gli effetti più sottili, ma toglieva profondità di campo, "schiacciando" i primi piani contro gli sfondi.

La messa a fuoco quasi tagliente del nuovo procedimento giova all'aspetto formale di GIULIA E GIULIA, che l'autore voleva probabilmente freddo ed analitico. Bisognerà vedere che tipo di risultato si otterrà ricercando atmosfere fotografiche più morbide e filtrate.

Nitido, il film di Del Monte lo è purtroppo assai meno nel proprio discorso. Quando è proprio questo tipo di discorsi ad esigere una precisione implacabile.

Se abbiamo compreso esattamente, GIULIA E GIULIA è la trascrizione di una schizofrenia. O più precisamente, del tentativo di un donna di ricreare un uomo (il marito, morto il giorno delle nozze) ed addirittura una condizione (l'intera famiglia, figlioletto incluso) a partire dal ricordo. Il tema, citazione d'obbligo, di VERTIGO. Ma, a differenza del capolavoro di Hitchcock, lo spettatore non conosce in anticipo la verità. Non solo: ma la verità (probabilmente perché l'autore vuol dirci che di verità non ne esistono) non verrà alla luce nemmeno al termine del film. Non sapremo mai, insomma, se la Giulia vera è quella vedova e sola, o quella madre e moglie. Con aggiunta, tanto per semplificare le cose, dell'amante diabolicamente Sting.

Il nostro disappunto non proviene certamente da ciò, liberi come consideriamo ognuno d'inseguire le proprie strade per giungere al Signore. Piuttosto, il fastidio dello spettatore nasce dall'imprecisione del disegno (in sceneggiatura, prima ancora che nelle messa in scena) del regista. Dalla disinvoltura con la quale egli sembra voler imporre allo spettatore delle evidenze eternamente contraddette.

Il cinema, per sua natura, é l'arte dell'evidenza. Si può indurre in errore chi lo osserva, ma a condizione di rivelare, ad un certo punto, la logica che governa la mistificazione. Al contrario, non si può (a meno di mandare tutto a catafascio, che é ciò che capita qui) imporre allo spettatore di non credere all'evidenza delle immagini. Fargli vedere due volte il medesimo albero (senza mostrare, ad esempio, un personaggio che si risveglia da un sogno) e fargli credere che l'albero è differente.

Del Monte gioca allegramente con questi concetti, cercando di piegarli ai propri fini. Non è esattamente ciò serve in questi casi."


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