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GIOCHI NELL'ACQUA
(DROWNING BY NUMBERS)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 6 aprile 1989
 
di Peter Greenaway, con Joan Plowright, Juliet Stevenson, Bernard Hill (Gran Bretagna, 1987)
 
"Del cinema di questi tempi si può dire di tutto. Che sia encomiabilmente attento ad autistici e stuprati, negri bastonati dall'Alabama al Sudafrica, studiose di gorilla piuttosto che cacciatrici di doti. Che sia prioritariamente occupato a far rientrare le decine di milioni pensando, più che ai frequentatori di quei cimiteri d'elefanti chiamate sale al famigerato clima delle prime serate televisive. Ma non certo che brilli di particolare originalità.

Come non salutare quindi con ammirato rispetto qualcuno come Peter Greenaway che, al suo quarto lungometraggio dopo ASSASSINIO IN UN GIARDINO INGLESE, ZOO e IL VENTRE DELL'ARCHITETTO si conferma come il più eccentrico degli eccentrici, e cioè degli inglesi?

DROWNING BY NUMBERS, che si poteva più appropriatamente tradurre in "annegamenti in serie" appare infatti come un'opera riassuntiva, un film-conferma (che non significa necessariamente film-somma) di tutta una serie di caratteristiche espressive.

La storia è quella di tre donne di età diversa -dalla maturità alla giovinezza- che hanno lo stesso nome e, in effetti, rappresentano la medesima persona (o forse la medesima condizione esistenziale e sociale): uno dopo l'altro, elimineranno i maschi rispettivi, tutti piuttosto flaccidi e pigri, oltre che nulli e non particolarmente simpatici.

La struttura è, come sempre nell'autore, rigorosamente matematica: una sorta di gioco da 1 a 100, sul filo di una serie di avvenimenti macabro-grotteschi sottolineati da un ragazzino che finirà per circoncidersi ed appendersi ad un ramo, che impone al film una cadenza forzata.

E la fotografia estremamente raffinata: costantemente ispirata alla pittura dei preraffaelliti, di Breughel, di Constable, Pontorno e Francis Bacon. I colori, l'illuminazione, le musiche, la scelta perversamente sopra le righe delle scenografie e degli sfondi in genere, concorre così a creare una sorta di terra di nessuno favolistica: nella quale i riferimenti ellenistici sembrano accostarsi a quelli dei racconti di Grimm, il mondo dell'Alice di Lewis Carroll a quello del conte Dracula.

I temi, tipicamente greenawayani della decadenza e della morte, della decomposizione fisica e quindi anche morale, sfociano in una specie di metafora sul ruolo della donna nella società contemporanea. E sull'assenza del maschio: che ricorda talora, e in modo curioso, il cinema di Ferreri.

Tutto ciò è estremamente colto e sontuoso. Ma anche, lo avrete compreso, manierato; ed intellettualisticamente calcolato. È il rischio che corre il cinema mai banale di Greenaway: ed in questo senso DROWNING BY NUMBER appare più perfetto, ma proprio per questo involutivamente meno umano, del precedente IL VENTRE DELL'ARCHITETTO."


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