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COSÌ È LA VITA
(THAT'S LIFE)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 10 settembre 1987
 
di Blake Edwards, con Julie Andrews, Jack Lemmon, Sandy Kellerman (Stati Uniti, 1986)
 
C'è un regista, uno degli ultimi della vecchia, se non della vecchissima guardia, ormai più vicino ai settanta che ai sessanta. C'è un titolo e una storia che potrebbe anche essere crepuscolare: la cantante Julie Andrews si sottomette ad una biopsia per un tumore alla gola che potrebbe anche essere maligno. È un sabato, ed il risultato giungerà lunedì mattina: That's life è la cronaca di quell'attesa: ma non soltanto, e nemmeno soprattutto. È la storia dei suoi rapporti con la famiglia (in primo luogo con il marito, Jack Lemmon, architetto che compie 60 anni in piena crisi esistenziale ed ipocondriaca): tutti con i loro fastidi che, all'opposto del suo, sono di quelli che si definiscono grassi.

La tipica opera-somma, quindi. Il bilancio sicuramente anche autobiografico che, considerate le premesse, poteva benissimo dar luce all'ennesima lacrimosa love story.

Sennonché. Blake Edwards è a un maestro dell'equilibrio in cinema: equilibrio fra lacrima e risata, fra dramma e leggerezza di tocco: trasformatosi in maestro di commedia-slapstick (la comunque straordinaria serie delle Pantere rosa) per esigenze di botteghino. Ed ecco quindi che That's life è forse un po' più sul commosso che sull'esilarante rispetto a ciò che potevano attendersi i fan dell'ispettore Clouseau: ma è un fior di film.

Magnificamente costruito, proprio sulla famosa unità della tragedia classica: 72 ore di unità di tempo, la casa e la famiglia dell'autore (Julie Andrews è la moglie del regista, e nel film recitano figli loro e di Jack Lemmon...) come unità di luogo, e la vicenda di cui sopra come unità d'azione. Un blocco perfetto, con attori mostruosi (istericamente eccessivo lui, commoventemente misurata, esattamente anti-love story lei). E una filosofia, che sarà anche spicciola come succede al cinema, ma che in tanto equilibrio finisce col diventare esemplare ed eterna.

Lo sguardo registico dell'autore, proprio come i sentimenti dei personaggi che egli mette in scena è sfiorato dalla stanchezza: ma è proprio questa stanchezza, considerato l'assunto, a far lievitare il tutto. A trasformare lo sfoggio d'abilità in confessione umana.


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