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PERICOLOSAMENTE INSIEME
(LEGAL EAGLES)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 20 novembre 1986
 
di Ivan Reitman, con Robert RedforD, Debra Winger, Darryl Hannah, Terence Stamp (Stati Uniti, 1986)
 
Qualcuno lamenta una mia eccessiva severità nei confronti del cinema americano. Curioso: poiché fino ad un paio di anni fa, mi si accusava del contrario.

Erano gli anni degli Altman (visti da pochi, a parte Mash o Nashville, non necessariamente i più significativi), dei Pollack (visti da più, ma soltanto quando c'era Jane Fonda), dei Rafelson (visto da nessuno, fino al giorno in cui Jessica Lange si sdraiò sul tavolo di cucina con Nicholson). Era un cinema che andava difeso: perché gli spettatori seguivano il cinema più furbo (quello dei Lumet, dei de Palma o dei Peckinpah) senza accorgersi che dei film come I compari, Jeremiah Johnson o Cinque pezzi facili stavano raccontando la loro storia. Non solo quella del passato; ma ciò che stava succedendo nel loro paese, alla loro società. Chiunque ami il cinema ha riservato il meglio della propria passione al cinema americano. Non è solo una questione di miti, di diligenze e giungle d'asfalto, di canzoni sotto la pioggia e di Marylin sotto la doccia: è che, sorretto da un amore incomparabile per il proprio mestiere, il cinema degli americani è sempre riuscito a scavarsi la strada verso il sogno e le nuove frontiere. E, proprio nel periodo delle maggiori difficoltà, quello degli imperativi delle grandi case di produzione, quello dei codici morali che decretavano non solo ciò che non si poteva dire ma ciò che si doveva dire (per esempio che una donna adultera doveva finire al cimitero o sul marciapiede), proprio allora il discorso, espressivo e quindi anche morale, dei Lang, dei Sirk, dei Cukor e via dicendo è riuscito ad esprimersi egualmente. Grazie ai sotterfugi, sublimi, dell'arte.

Questa facoltà di rinascere dalle ceneri delle costrizioni contingenti è la sola a tener desta la nostra curiosità nei confronti del cinema americano di oggi: le costrizioni sono di altro genere, e all'adultera non è più destinato il marciapiede. Piuttosto, l'incenerimento da effetto speciale seguito, nel peggiore dei casi, dal rincretinimento da telenovela in 34 episodi. Ma il guaio è che, una volta passato l'entusiasmo dei primi giocattoloni di Lucas, Spielberg e compagni, sembra essersi persa la traccia, se non del genio, almeno del coraggio di provarci. Pericolosamente insieme è un esempio perfetto. Il mestiere, l'abilità artigianale non è sicuramente svanita: la sceneggiatura è perfetta, la fotografia di Kovacs impeccabile, l'interpretazione di Redford o della Winger inserita esattamente nella grande tradizione americana.

I condizionamenti del mercato sono trasparenti: fra pianificazione preliminare e correzione apportata dai pre-visionamenti (con campioni di spettatori medi) il computer deve aver sfornato precise indicazioni per recuperare i 30 milioni di dollari investiti. Ics percento di commedia alla Cary Grant come da tradizione anni quaranta, ics percento di avventura ed azione per pubblico adolescente, ics percento di attrazione maschile (leggera goffaggine e sbadatezza di Redford destinato all'istinto materno delle spettatrici), ics di sex-appeal soft garantito dalla bionda a sensazione, ics d'intelligenza e riuscita professionale, nonché matrimoniale femminile per pubblico, minoritario, emancipato. Risultato? Pericolosamente insieme è tutto, e niente. Non ha la facoltà, o il coraggio, di essere una commedia fino in fondo all'assurdità dovuta. O un thriller, o una storia di sentimenti, o di passioni. E un pezzo di software: che ci parla continuamente di cosa, e di chi volevano conquistare i suoi fabbricanti. All'interno della trappola, l'autore. Che è quello, non meno dotato di altri, dell'onorevole Ghostbusters. E che mai riesce a darci l'impressione di sapere, o volere uscire dalle imposizioni del software: ics percento di qui, ics di la.


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