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AMICI MIEI, ATTO III Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 2 gennaio 1986
 
di Nanny Loy, con Ugo Tognazzi, Gastone Moschin, Adolfo Celi, Bernard Blier (Italia, 1985)
 
I quattro amici inventati da Monicelli ritornano per la terza volta. Gli anni passano anche per loro, e siamo ormai all'epoca dell'ospizio per vecchi.

Come il cinema: dopo la fantagerontologia di Cocoon, eccoci alla gerontocomicità di Amici miei. Pensionati e adolescenti, che frequentano le sale cinematografiche in percentuale straboccante, sono serviti. Poco male, purché gli ingredienti siano freschi: il che, alla terza portata, diventa dubbioso.

Anche se a Tognazzi mettono in bocca che "'importante è ridere sempre" questo atto terzo conferma che al cinema quel che importa è come ridere. Non solo è passato l'entusiasmo, il momento giusto di una commedia all'italiana che aveva cose da dire, e con rabbia. Non solo è impossibile costruire all'infinito su quattro cosiddetti impenitenti goliardi approdati alla terza età, senza evitare giochi di parole del tipo capezzale-capezzolo.

Ma, soprattutto, il film di Nanny Lay insegna che è impossibile fare della comicità, anche basata su delle situazioni o dei dialoghi talvolta non proprio malvagi e non sempre volgari, quando questa non si costruisce su una struttura portante fornita dalla regia. Che non conferisce un ritmo, non propone degli accostamenti di montaggio, non suggerisce delle soluzioni di linguaggio. Che, in poche parole, non esiste.


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