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LE THE AU HAREM D'ARCHIMEDE Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 5 dicembre 1985
 
di Mehdi Charef, con Kader Boukhanef, Remi Martin (Francia, 1985)
 
"Premio Jean Vigo e rivelazione alle sezioni "off" dell'ultima Cannes questo film vale almeno una stelletta in più in termini d'interesse. Quindi, non mancatelo.

Mehdi Charef è un operaio immigrato in Francía. Ha scritto un romanzo evidentemente autobiografico - sul mondo (vogliamo dire povero?) che abita nei casermoni della periferia parigina. Ha incontrato Costa-Gavras, il regista di Missing e di Z, che gli ha fatto girare il film. Prima sorpresa: Mehdi Charef, oltre che vivacissimo testimonio e scrittore, è un ottimo cineasta. Le THE au harem è infatti messo in scena con una padronanza straordinaria da parte di un esordiente: gli attori sono ben diretti, la dinamica delle azioni (si pensi al furto del borsello nel métro) è condotta con efficacia notevole, gli ambienti sono sfruttati con notevole intuizione. Con tutto ciò non è la tecnica registica ad attirare l'attenzione nel film. Piuttosto la discrezione della tecnica: e l'attenzione per i personaggi l'affetto con il quale sono seguiti, l'emozione di chi parla in prima persona.

Senza forzare i toni, senza sbandare nella satira o nella tragedia Charef ci descrive quegli ambienti con una forza che raramente abbiamo visto al cinema. E la sua cronaca diventa constatazione sociale; forse senza volerlo, azione politica. Il tutto, con una specie di realismo poetico che ricorda - fors'anche per il finale - i Quattrocento colpi di Truffaut.

Le THE au harem è soprattutto un film sincero e generoso. Questi sentimenti lo salvano da alcuni difetti, che esistono e si sentono. Poiché è proprio per generosità che la pittura di certi personaggi (primi fra tutti i due protagonisti) pecca d'ingenuità. C'è indubbiamente un eccesso di dimostrazione nella serie di episodi che costellano il film. Così come c'è anche dell'ambiguità, o perlomeno dell'imprecisione nella pittura morale dei due, e nella volontà di forzare il processo d'identificazione dello spettatore."


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