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HAREM
(HAREM)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 10 aprile 1986
 
di Arthur Joffé, con Nastassia Kinski, Ben Kingsley (Francia, 1985)
Un film nasce da una somma di collaborazioni. Poi, una personalità forte (naturalmente il regista, talvolta il produttore, difficilmente l`attore, pericolosamente il direttore della fotografia) tira queste somme. Un film come Harem illustra assai bene questo principio. C'è innanzitutto un'idea e una sceneggiatura: una giovane nuovaiorchese sradicata e mal amata (non si capisce il perché, visto che si tratta della bella Nastassia, provvista, oltre che di un fisico invidiabile, di una professione alla Borsa e di un loft sotto i tetti non disprezzabile) viene rapita da un principe arabo. Che la sistema in un harem perduto nel deserto, sola occidentale fra mogli, concubine ed eunuco di dovere. Conoscere il principe non si dimostra quel dramma che si poteva supporre: non solo è sensibile tanto da suonare Schubert al pianoforte, ma si dimostra un personaggio interessante, un uomo a cavallo fra la tradizione ed i tempi moderni, torturato (ma anche consolato da infiniti petrodollari) dallo scontro fra la propria cultura e quelle occidentale.

Tutto ciò, sulla carta. In effetti, e malgrado il fatto che la regia di Joffé non sia formalmente infame (le scene sono ben impostate, i ritmi, anche se lenti, combinano) sono cose che ci ripetono i personaggi: ma che Nastassia sia sradicata, o che Ben sia a cavallo fra le due culture niente viene a indicarcelo.

Continuiamo con le collaborazioni: la fotografia è di un maestro, Pasqualino de Santis. Ed infatti la luce, nella scena dell'arrivo della nostra Nastassia nell'harem arriva direttamente da Ingres. Tanto più che la scenografia è opera di uno dei più grandi che il cinema abbia mai avuto, il viennese Alexander Trauner. Eppure... Eppure una situazione così insolita come quella di una broker sexy e alla moda trasportata in pieno bagno turco ci lascia, direi, del tutto indifferenti.

Gli è che per un regista esordiente troppo lusso arrischia di guastare: un soggetto forte ma che corre costantemente sul filo del fotoromanzo, dei collaboratori dalle personalità prepotenti per non dire debordanti (come quella del musicista Philippe Sarde). Harem è quindi un film magari un po' presuntuoso. Lento, ma non antipatico: a salvarlo dall'accademismo sono forse i due attori. Ben Kingsley e Nastassia Kinski alla loro storia ci credono proprio. E, alla fine, finisce per crederci anche lo spettatore.


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