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FUORI ORARIO
(AFTER HOURS)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 1 gennaio 1987
 
di Martin Scorsese, con Griffin Dunne, Rosanna Arquette, Verna Bloom, Linda Fiorentino (Stati Uniti, 1985)
 
Insignificante, normale. E, proprio per questo, colpevole: la storia di Paul incomincia con la più banale delle occhiate, quella alla bionda.

Un numero di telefono, l'invito a raggiungerla nel loft di Soho: ilare, perché il tono è quello della commedia, un attimo eccitato, perché le grazie di Rosanna Arquette, già un filino ambigue (dopo tutto, non fa parte delle convenzioni che sia la donna a rivolgere per prima la parola ad uno sconosciuto), inducono addirittura il nostro a pensare agli afrodisiaci. E siamo nel taxi: perché la lunga notte che ci aspetta incomincia a destarci qualche inquietudine? Dopo tutto non può essere soltanto perché il tassista guida ad una velocità folle scendendo Manhattan; e nemmeno perché il nostro unico biglietto da venti dollari, nel vortice di quella rincorsa che incomincia a ricordare il ravvicinamento al castello di Nosferatu, si è involato dal finestrino aperto. No, piuttosto è il "modo" con il quale Scorsese filma questo prologo al piacere che ci suggerisce qualche dubbio: sono dei primi piani su degli oggetti apparentemente innocui, delle panoramiche verso delle direzioni immotivate, quasi a sottolineare vaghe incertezze. E poi quelle chiavi: che l'amica di Rosanna, affascinante - come dubitarne - anch'essa, ci butta dalla finestra. Che precipitano, come un proiettile, verso di noi. Eppure, sotto qualche sprazzo d'irreale, tutto ciò rimane tremendamente vero. E se non fosse ridicolo, se il protagonista non ci fosse istintivamente simpatico, squallidamente banale. FUORI ORARIO è la cronaca di una notte di piacere, che si trasforma in una notte da incubo. Perché ciò avvenga, lo dicevano già i surrealisti che di queste cose ne capivano, non bisogna creare il fantastico: nulla, più della realtà assoluta, permette di sfuggire a quest'ultima.

Ma perché il piacere non può essere disgiunto dalla sofferenza? Perché Fuori orario, per comico assurdo, canzonato che sia è un film dell'autore di Mean Streets, Taxi Driver e Raging Bull. Non solo: fondendo derisione e tragedia, maestria impareggiabile, completa quella trilogia che lo ha introdotto fra i pochi grandi cineasti del cinema americano contemporaneo. Il fascino, ed il valore di AFTER HOURS viene proprio dal fatto di riuscire a coniugare con dei toni diversi - quelli comici, o diciamo tragicomici - le costanti che la coppia Scorsese-De Niro (con la collaborazione di Paul Schrader in Taxi Driver) avevano tracciato nel tempo. Un essere normale che tenta inutilmente di farsi accettare da un gruppo di emarginati: anche se la situazione è rovesciata rispetto alle odissee dei tassisti e dei pugili dei film precedenti, l'itinerario scorsesiano è il medesimo. Quello del brav'uomo - troppo bravo - che vive il proprio calvario. Che, per ottenere la redenzione (qui, il ritomo al grigiore del computer che lo saluta con l'ennesima annotazione assurda: "hello, Paul!") deve espiare fino in fondo la propria normalità, la paura di affrontare le proprie inibizioni. Storia di un'avventura galante, Fuori orario è in effetti l'incontro con le proprie fobie: dall'impotenza alla castrazione, dall'omosessualità a quella paura della donna che, sotto forme diverse e apparentemente caricaturali, costruisce nel film una galleria di personaggi eguali e dissimili. La perversa e la suicidaria, l'isterica e la viriloide o la possessiva.

Girato con un budget assolutamente modesto per gli standard americani, costruito su una sceneggiatura perfettamente circolare e conseguente, animato da un'invenzione registica che avvicina perfettamente l'autore a quel burattinaio (munito di riflettore, come in una delle sequenze del film) del bene e del male, After Hours è un labirinto comicamente assurdo e angosciosamente metafisico. All'interno di questo labirinto si sente vivere, animato da una voglia di creare e di liberarsi, un uomo di cinema. Con una vitalità e una felicità che confortano lo spettatore nell'epoca di tanti effetti cosi poco speciali.


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