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CHORUS LINE
(A CHORUS LINE)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 6 febbraio 1986
 
di Richard Attenborough, con Michael Douglas, Nicole Fosse, Audrey Landers (Stati Uniti, 1985)
 
"Parlare di musical nella storia del cinema vuol dire ricordare gli anni d'oro di questo genere, le produzioni Warner Bros dirette da Busby Berkeley, meravigliose composizioni coreografiche che stupivano il pubblico per la perfezione dei movimenti di ballo e la magia delle musiche. oppure, più recenti, quelle M.G.M. di Vicente Minnelli, Gene Kelly, o la coppia Ginger Rogers-Fred Astaire, dove umorismo e recitazione si univano gioiosamente al ballo e alle canzoni. Poi il gusto del pubblico cambia, negli anni '50 il musical langue, e nasce il film musicale, dove la storia è un semplice pretesto che permette al cantante-attore di esprimersi musicalmente. Tipici esempi di questo genere le decine di film che Elvis Presley interpretò dal 1956 al 1969, sempre uguali e sempre carichi di successo di pubblico. In quegli anni si distingue forse solo West Side Story, del 1961, di Robert Wise e Jerome Robbins che, riprendendo un musical teatrale portarono sullo schermo una storia dai tenui contorni sociali di pace razziale e di fratellanza. Gli anni '70 invece sono molto parchi di musical, non c'è più spazio per paillette, balletti e canzoni, il pubblico vuole avventura, violenza, forti tinte. Uniche - e pregevolissime - eccezioni: lo splendido Cabaret di Bob Fosse, del 1972, interpretato meravigliosamente da Liza Minnelli, New York New York, di Martin Scorsese, del 1977, ancora con Liza Minnelli a fianco di Robert De Niro, e infine due opere del 1980, Fame, di Alan Parker, e All that jazz, di Bob Fosse.

Per capire Chorus Line bisogna soprattutto ricordare questi due ultimi titoli, che arrivano sullo schermo cinque anni prima del nostro film, ma cinque anni dopo la prima teatrale dello spettacolo. Chorus Line nasce infatti nel 1975 come musical off-Broadway da un'idea di Michael Bennet, un tentativo di portare sulla scena l'angoscia dei ballerini prima dei provini, quell'atmosfera irripetibile di speranze, frustrazioni, gioie e delusioni che riempie il palcoscenico durante le dure e impietose selezioni. Il musical ha subito un enorme successo, e si trasferisce nei teatri ufficiali di Broadway dove è presente ancora oggi, dopo oltre 4.000 repliche. Caratteristica principale di Chorus Line era l'assenza completa di elementi spettacolari e scenografici: tutta la storia di svolge in un solo giorno, quello appunto della selezione, e i protagonisti sono tutti sconosciuti ballerini che sperano di trovare un posto nel corpo di ballo, quello che agisce sullo sfondo e non deve mai superare la "linea del coro". Unica eccezione il regista, personalità misteriosa e dispotica, che dalla platea, attraverso l'anonimato di un microfono, condanna o elegge insindacabilmente.

Se da una parte Fame cerca di riprendere il tema dell'inseguimento del successo da parte degli allievi della High Scool for Performings Arts, Bob Fosse invece in All that jazz punta sulla figura del regista, unico dio dello spettacolo, unico strumento capace di trasferire la genialità dell'arte nella professionalità degli interpreti. Dopo dieci anni il musical diventa film: dieci anni possono essere tanti nella storia di uno spettacolo, e infatti sono state necessarie cure di ringiovanimento sia per le musiche che per la coreografia, ma sostanzialmente la struttura è rimasta identica.

Alla regia viene chiamato, dopo esitazioni e cambiamenti, Richard Attenborough, attore e regista inglese conosciuto soprattutto per la sua ultima produzione,Gandhi, e gli 8 Oscar vinti nel 1982. Attenborough non tocca minimamente l'unità di spazio e tempo che caratterizza Chorus Line, salvo alcuni flash-back sul passato amore del regista con una ballerina, e punta tutto sulla capacità dei ballerini di rivivere nella finzione le angosce e le paure provate nella realtà durante le audizioni. Ai 20 protagonisti - scelti tra circa 3.000 candidati - è stato raccomandato di vivere lo spettacolo come realtà, di odiare il regista, di sperare, di soffrire. E il film si regge proprio sulla loro bravura, sia nei momenti di ballo, dove riescono a far parlare all'unisono i loro corpi, sia nella recitazione, quando impietosamente vengono obbligati a parlare di se stessi, della loro infanzia, dei loro problemi. Ne escono fuori storie a volte patetiche, a volte drammatiche, ma raccontate con semplicità, quasi con sincerità. Forse il meno riuscito è il regista, Michael Douglas, certamente il ruolo più scomodo del film. Michael Douglas dovrebbe apparire odioso, freddo, distaccato, ma esce solo parzialmente dal suo cliché di "buono", quello che ci ha fatto conoscere nelle centinaia di puntate di Le strade di San Francisco o nell'awenturoso All'inseguimento della pietra verde. Più convincenti, come abbiamo detto, gli altri attori: c'è Nicole Fosse, la figlia di Bob Fosse, Audrey Landers, famosa per le sue apparizioni nel chilometrico Dallas, Vicki Frederick, già vista in California Dolls, e altri volti sconosciuti, tutti giovani, belli, scattanti.

Chorus Line non è certo un film che marcherà la storia del cinema, ma è spettacolo, e, come è stato tante volte ripetuto nella finzione hollywoodiana, "the show must go on".


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