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BODY DOUBLE
(OMICIDIO A LUCI ROSSE)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 19 settembre 1985
 
di Brian de Palma, con Graig Wasson, Melanie Griffith (Stati Uniti, 1984)
 
Come il precedente BLOW OUT (1982) l'ultimo film di de Palma ha un inizio da film dell'orrore. Connotazione immediatamente contraddetta: le grida dell'"assassinata" del primo si rivelano subito come i tentativi maldestri di un'attrice che non riesce ad urlare in modo sufficientemente realistico. E, nel secondo, la smorfia del "vampiro" è soltanto l'indice di una crisi di claustrofobia del povero attore costretto a rinchiudersi in una bara. Sempre di più il cinema di Brian de Palma diventa quello del fascino dell'illusione e della contraddizione: quella che permette al cineasta di prendersi gioco dello spettatore, di contraddirne il processo di deduzione logica grazie all'arte, squisitamente illusoria dello sguardo cinematografico.

Nessuna meraviglia, quindi, che (con l'eccezione del precedente tentativo - peraltro discutibile - di remake biografico, SCARFACE) il suo cinema assuma delle costanti sempre più decise: l'assenza di una vera "storia", il cinema ed il suo linguaggio che diventano il vero soggetto, ed il riferimento (mai così sottolineato e abbondante come nel caso di Body Double) ad Hitchcock. L'assassino del film, per non essere scoperto, deve falsificare la realtà. Ecco quindi mettere in scena, seguito da de Palma, e quindi da noi spettatori, un'operazione di voyeurismo.

Come in FINESTRA SUL CORTILE l'eroe (o, piuttosto, la vittima) assiste con un binocolo alla rappresentazione principe del voyeurismo, quella erotica. E, in seguito, al crimine. Come in VERTIGO, lo stesso eroe soffre di una menomazione che lo rende vulnerabile: là James Stewart soffriva di vertigini, qui Graig Wasson è claustrofobico. E, in ambedue i casi, l'uomo ama una donna e il suo "doppio". Nel caso di Hitchcock, come in quello di de Palma, tutto si costruisce sul filo di uno sguardo (un suono, nel caso di BLOW OUT di de Palma): uno sguardo che permette al giocoliere l'infinita libertà nella creazione dell'illusione.

Ma, mi chiederete, cosa fa lo spettatore in questo gioco di rinvii, di immagini rispecchiate, verità contraddette, riferimenti, strizzate d'occhio? Lo spettatore non può che fare una cosa, seguire. Poiché il principio stesso del voyeurismo lo condanna a quel ruolo: l'oggetto del desiderio (o anche soltanto di una più casta curiosità...) è visto dal protagonista. Ma noi spettatori vediamo assieme al protagonista. E con lui siamo costretti a seguire la volontà del padrone a bordo, il regista.

Cinema della contraddizione, si diceva. Se nella prima parte BODY DOUBLE è tutto ciò, FINESTRA SUL CORILE più VERTIGO, conoscenza e illusione della conoscenza, la seconda permette all'ineffabile de Palma di cambiare ancora registro. Smonta tutto, ci spiega il trucco, ironizza su Hollywood e sui suoi illusionisti, sembra volerci dire, in definitiva, non credeteci troppo e non prendete il tutto sul serio.

Anche se, a prima vista, sembra spezzare il film in due, l'allegra demistificazione di de Palma lo salva da molte cose: dal facile "pastiche", dal catalogo di riferimenti cinefili, dall'intellettualismo un po' superficiale del d'après.

Abilissimo e godibilissimo, il suo cinema è soprattutto salvato da qualcosa che colpisce ad ogni istante, un insaziabile piacere di filmare. Che ci faccia spiare le sue splendide protagoniste da una posizione più o meno occulta, che ci riproponga ancora una volta l'erotismo prevedibilmente angoscioso della celebre doccia di PSYCHO, che filmi il lungo pedinamento di un uomo ad una donna, i colori di una tenda su una spiaggia o gli spazi di un'architettura d'avanguardia di una villa sopra Los Angeles, il soggetto vero dei suoi film è proprio questo piacere."


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