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MARIA'S LOVERS
(MARIA'S LOVERS)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 7 febbraio 1984
 
di Andrej Konchalovski, con Nastassja Kinski, Robert Mitchum, John Savage, Keith Carradine, Vincent Spano, John Goodman (Stati Uniti, 1984)
 
Gll amantl dl Maria (ma meglio, il film avrebbe potuto intitolarsi gli innamorati di Maria) inizia con delle immagini in bianco e nero. Sono tratte da un documentario prezioso che John Huston girò nel 1945, Let there be light, sulle confessioni agli psichiatri dei reduci dalla seconda guerra mondiale. Immagini, inutile sottolinearlo, che rimasero sequestrate a lungo negli archivi del Pentagono.

Un film sui reduci di guerra, quindi. Konchalovski è russo, espatriato negli Stati Uniti: e ambedue le cinematografie di quei paesi sono ricche di tradizioni su quel tema. Basti pensare alla BALLATA DI UN SOLDATO di Tchoukrai, come ai CACCIATORI di Cimino, o al capolavoro sconosciuto di Kazan, I VISITATORI. Come il film di Cimino, MARIA'S LOVERS è girato in Pennsylvania, dove esiste una vasta comunità di russi ma anche di serbi, croati, slavi, Ed il film ricorda tutta un'iconografia sensibile e commossa, che il cinema (si pensi anche a Georgia di Penn, oltre che a America, America, di Kazan) ha dedicato ai gruppi etnici che sono venuti ad inserirsi nel tessuto sociale americano.

Ma Konchalovski non appartiene alla cultura cinematografica americana. Fratello di un altro celebre regista sovietico, Nikita Michalkov, egli ha seguito la moglie francese in Occidente, dopo aver girato due film notevoli nel suo paese, La Felicità di Assya e Siberiade. Il suo (e lo comprendiamo appena le immagini passano dal bianco e nero al colore, e la vicenda ha inizio) è un modo diverso di guardare all'America. Sia che in poche inquadrature circoscriva il villaggio nell'ansa immensa di un fiume, sia che osservi, quasi con la coda dell'occhio, la piccola vita di provincia che in quell'immediato dopoguerra ricomincia ad organizzarsi alle spalle dei protagonisti; o che si soffermi in primo piano sui primi incontri del giovane reduce (il padre, Robert Mitchum, la ragazzina sognata, Nastassia Kinski, la vedova vogliosa, il cantastorie disinibito, Keith Carradine) l'occhio di Konchalovsky possiede uno sguardo al tempo stesso ingenuo e sfrontato, datato ma insolito.

Un modo di guardare alla natura e agli uomini con sensualità e pudore, di costruire dei personaggi e una drammaturgia che il cinema occidentale del dopo-Godard ha reso obsoleto; e che quello dell'Est ha perso, per delle vicissitudini che l'arte non può sicuramente pianificare e risolvere. Un'attenzione fiduciosa ai sentimenti, ai valori morali; ma anche una fisicità, una carnalità scomparse nel cinema del permissivismo. Così, storia di reduci ai quali è difficile recuperare una giustificazione sociale e psicologica, Maria's lovers diventa, semplicemente, una storia d'amore. Perché John Savage ha pensato per troppi anni, mentre era prigioniero dei giapponesi, alla ragazzina che aveva lasciato: ed ora che se la ritrova innanzi in carne e ossa, ed ora che se la sposa, non riesce più a tradurre la propria passione in qualcosa di più pragmaticamente concreto. Filmando con un uso sapiente del chiaroscuro, giocando sui riflessi e sui rinvii di significato, Konchalovski riesce a dipingere una storia scabrosa, ma anche un po' démodé d'impotenza, con una semplicità e un'efficacia miracolose. Anche perché si ritrova un John Savage che ricorda i Brando e i Dean di un cinema anch'esso scomparso. E, soprattutto, la Nastassia Kinski più bella e più brava che il cinema ci abbia offerto finora. La sua determinazione finisce col modificare ancora la direzione del film: dal tipico ritratto della bambina che si fa donna ad una riflessione ormai inconsueta, sull'eterno femminile. Fatto di intuizione e di perseveranza; e di sopravvento della ragione sull'imponderabilità dei sensi.

Ma le sorprese del film non sono finite. Convinto di non farcela più ad onorare la splendida Nastassia, il giovane marito se ne va di casa. Per impiegarsi nei macelli pubblici di provincia, e ritrovare fiducia in amori di più facile esecuzione. Ancora una volta Maria's lovers riesce ad offrirci nuove sembianze. Da melodrammatico e lirico si fa attento al sociale. E anche qui quest'incontro imprevedibile e forse irripetibile fra due grandi scuole cinematografiche, forse le più grandi, riesce a mostrarci l'universo operaio e proletario americano come ce lo eravamo scordato. Con il coraggio, o l'incoscienza, di far palpitare un cuore di vitello appena macellato. O di far regalare, alla bella Nastassia, una mela dall'operaio.

Film forte e delicato al tempo stesso, film sulla forza e la debolezza, sull'angelo e sul demonio che coabitano nell'uomo, Maria's lovers trasforma un gomito di fiume della Pennsylvania in un ricordo d'esiliato. Non è soltanto una curiosità di un cinema in migrazione, è la prova che a rischio di parere ridicoli, si può fare della poesia nel paese delle guerre stellari.


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