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I FAVORITI DELLA LUNA
(LES FAVORIS DE LA LUNE)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 1 novembre 1985
 
di Otar Iosseliani, con Pacal Aubier, Alix de Montaigu, Peter Cloos (Francia, 1984)
 
Ci sono infinite chiavi di lettura per questo film insolito, semplicissimo ed al tempo stesso ammirevolmente complesso. La sua semplicità, appunto. Non una storia, ma cento piccoli avvenimenti. Un modo di guardare la gente semplice, un modo di guardare i personaggi emarginati, un modo di guardare Parigi vivere: questo regista georgiano, autore di pochi ed ammirevoli lavori (La caduta delle foglie, C'era una volta un merlo canterino, Pastorale) ritrova tutta la grazia di un cinema scomparso, quello francese degli anni Trenta e Quaranta.

La sua complessità:: LES FAVORIS DE LA LUNE più che ad un film assomiglia ad una frase musicale, ad una fuga nella quale i motivi si seguono, si sovrappongono, si dimenticano, si ritrovano ordinati da una logica armonica. I personaggi, saranno cinquanta, gli avvenimenti, ancor in maggior numero, non s'impongono mai: si coniugano sul filo di una casualità spesso imprevedibile, andando a formare una trama di osservazioni che compone il quotidiano. Un intreccio che la sceneggiatura dapprima, la regìa in seguito sviluppano con un virtuosismo stupefacente.

Un esercizio di stile, quindi? Per niente: poiché la visione di Ioseliani è costantemente scanzonata, la meccanica perfetta che guida il suo discorso non è mai distaccata da un'osservazione umile, umanissima dei personaggi. Una filosofia di vita? Certo, chi conosce l'opera precedente è tentato di risolvere tutto in nome della gioia di vivere, di quell'edonismo affettuoso che l'autore impiega per giustificare i suoi ladruncoli. Ma Les favoris de la lune è lungi dall'essere un film panteista: addirittura, in questa sua osservazione del nostro tempo c'è rassegnazione la constatazione, anche se serena, che esiste un'ineluttabile scadenza degli avvenimenti. Sotto l'apparente leggerezza dello stile traspare in continuità una diffidenza, quasi un'amarezza che trasforma il gioco lezioso in osservazione sociale, quasi morale.

Constatazione socio-politica, allora? O, come dice la frase di Shakespeare che Ioseliani cita in epigrafe. "Perché chiamarci ladri? Noi che siamo i guardiani del corpo di Diana nelle foreste, i cavalieri delle tenebre, i favoriti della luna,.. "Nemmeno: perché, al contrario del celebre Pickpocket di Bresson, Les favoris de la lune non è un film sul gesto di rubare. Piuttosto, sull'oggetto. Che viene posseduto, che viene rubato. Che segna l'unica traccia tangibile del film: un servizio da tavola del Settecento, un nudo dell'Ottocento che vediamo passare di mano in mano, deteriorandosi, nel corso del film. E che detta gli incontri fra i personaggi.

Film dell'osservazione realista del sociale, film dell'esaltazione dell'effimero, film che da queste contraddizioni trova la sua grazia e la sua giustificazione, I FAVORITI DELLA LUNA sfugge alle descrizioni alle classificazioni perché possiede il segreto della libertà, della fantasia, dell'imprevedibilità. In breve, della poesia.


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