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HARRY & S0N
(HARRY AND SON)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 31 maggio 1984
 
di Paul Newman, con P. N., Robby Benson, Ellen Barkin, Morgan Freeman (Francia, 1983)
 
Il discreto succeso di pubblico che accompagna l'ultima fatica di Paul Newman nelle vestl di regista è dovuta ad un fatto a solito strumentalizzato: la scomparsa del figlio dell'attore, in seguito ad abuso di stupefacenti. Ciò e tanto pid fastidioso quando sappiamo da sempre che il cinema di Paul Newman come regista, da RACHEL RACHEL a L'INFLUSSO DEI RAGGI GAMMA è fatto di descrizioni attente e delicate, lontane da speculazioni sensazionalistiche, del quotidiano, del familiare, dell'intimo. Harry & Son descrive il confronto fra un padre rimasto vedovo e minacciato da un pensionamento precoce, ed il figlio disinvoltamente affettivo, disponibile e caparbio come di dovere a vent'anni, rlsoluto ad attendere la fama come scrittore piuttosto che piegarsi ad un mestiere manuale come quello del padre. Newman non è un cattivo regista: i suoi film procedono sulla falsariga di sceneggiature ispirate quanto prive di innovazioni sconvolgenti, e di soluzioni registiche efflcaci ma non certo sbalorditive.

C'è pera un fatto che rende Harrr and Son simpatico, al di là della dolorosa esperienza personale che deve aver guidato Newman a questa riflessione sul ruolo paterno, ed è la sua sincerità. Siamo in un periodo di "soap opera": i televisori accesi all'ora del pasto hanno probabilmente consigliato gli americani a far appello a quei buoni sentimenti che si accompagnano all'ingestione dei clbi precotti. Da qui la serie dei lacrimosi, fra i quali un buon esempio è il plurioscarizzato Voglia di tenerezza del quale vi abbiamo parlato qualche settimana fa. Ebbene fra quel tipo di film e questo di Paul Newman c'è un abisso: perché ad un calcolato uso degli ingredienti, tipico del consumismo computerizzato dell'ultimo cinema americano, fa contrasto una volontà sincera d'interrogarsi su alcuni dei temi che da sempre concernono l'uomo di buona volontà. Così quello un po' rifritto dello scontro generazionale sfocia intelligentemente nell'interrogazione sulla vecchiaia e sulla legittimità del cosiddetto sogno americano.

Nulla di trascendentale: ma con i tempi che corrono, meglio della lagna agrodolce con sbirciatina al box-office.


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