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DELITTO E CASTIGO
(RIKOS JA RANGAISTUS)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 22 luglio 2007
 
di Aki Kaurismäki, con Markku Toikka, Aino Seppo, Esko Nikkari, Hannu Lauri, Olli Tuominen, Matti Pellonpää, Pentti Auer (Finlandia, 1983)
A ventisei anni nel 1983, il cinema mostruosamente fragile e creativo di Aki Kaurismäki non poteva che debuttare con uno di quei paradossi che hanno in seguito esaltato la sua poetica, l'adattamento di Delitto e Castigo (" Hitchcock aveva raccontato a Truffaut che se c'era un soggetto che mai avrebbe osato portare allo schermo questo era quello così complicato del capolavoro di Dostojevski. Ero giovane e convinto di provare il contrario ai vecchi. Poi, mi sono reso conto che Hitchcock aveva ragione".)

Ma il grande finlandese, per dirla alla francese, era già allora più furbo che bello. Molto meno ingenuamente ed assai più intuitivamente di ciò che potrebbe apparire a prima vista, di Delitto e Castigo non prende che il canovaccio, in definitiva assai semplice una volta disossato della mitica introspezione dostojevskiana. Ci sarà un delitto: ma assai più vicino alla liquida essenzialità del Robert Bresson che rimarrà uno dei punti di riferimenti del suo approccio visionario. Ci sarà castigo, anche se non di certo ravvedimento: " in quanto alla espiazione, rimane un problema di Dio e della giustizia, e non è che abbia alcuna fiducia in uno come nell'altra".

Ci sarà, in compenso, già tutto Kaurismaki. Non solo un "omaggio a quell'epoca d'oro nella quale bastava un solo omicidio per fare un film poliziesco". Ma un'arte, ancora abbozzata, ancora tentata da qualche indulgenza aneddotica, di esprimere l'indicibile della vita con il massimo della semplicità, l'umiltà eclatante della poesia senza mai rinunciare al rigore, mai ostentato, mai prevaricante dello stile. E già quegli accostamenti così azzardati ed alla fine immensamente poetici che lo renderanno unico: il triviale ed il trascendente, il grottesco ed il tragico, il sordido ed il sublime, le imposizioni del destino accostate ai capricci assai più esaltanti del caso, le differenze sociali, le precarietà economiche e la loro ingiustizia sottolineate con ferocia fino nei momenti comici. La scelta, straordinaria e umanissima degli attori e delle loro tipologie. Quelle macchie spalmate di colore, sulle quali si staglia il minimalismo degli oggetti mentre si evidenzia tutto il peso delle psicologie. Il tutto sullo sfondo di una Helsinki già determinante sui significati, granitica e sbriciolata, imponentemente distante e intima, monumentale e privata; il tutto sull'eco di quelle scelte musicali (qui il tango alla finlandese, Shostakovich, Schubert, Olavi Virta, Billie Holiday, The Renegades...) che rimarranno imprenscindibili dal fascino inimitabile della sua opera.


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