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BLADE RUNNER Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 25 novembre 1983
 
di Ridley Scott, con Harrison Ford, Rutger Hauer, Sean Young, Daryl Hannah (Stati Uniti, 1982)
 
BLADE RUNNER fotografa esattamente il momento cinematografico. Perché in questa traduzione del romanzo di Philip Dick apparso nel 1968, troviamo molti degli elementi che caratterizzano il cinema del 1982: la voga della fantascienza, il ritorno al cinema degli anni quaranta ed in particolare al poliziesco, la ricerca dell'insolito, eventualmente del gotico e dell'horror.

Ridley Scott, che proviene dalla palestra formativa del cinema pubblicitario è oggi, dopo I DUELLANTI e ALIEN 1 dei registi di maggior talento in circolazione, perlomeno sul piano della messa in scena.Illustratore formidabile, non è forse ancora un autore. Ma la sua maturità di organizzatore di forme e di spettacoli è immediatamente riconoscibile per la misura, il tono, L'intelligenza con la quale i momenti sopra elencati sono stati posti e sviluppati in BLADE RUNNER. Se il protagonista è infatti una replica di quegli investigatori privati a riposo, che un avvenimento eccezionale costringe a ritornare in attività, e che fecero la gloria dei Bogart e dei Cagney, lo sfondo è invece da fantascienza. Ma una fantascienza, diciamo, moderata. Perché è in una Los Angeles del 2019 che i fatti si svolgono. questo permette a Scott d'iinserire effetti speciali di tipo ormai tradizionale (come piccole astronavi o gadgets elettronici vari) in un universo che ancora ci appartiene.

I taxi aerei, le città satelliti che si perdono con le loro luci nel cielo, vivono così sopra una metropoli non molto dissimile da una Chinatown attuale. Quando il nostro cacciatore di "replicanti" (specie di superuomini, creati per colonizzare le galassie, ma poi rivoltatisi contro i terrestri) insegue, magnum appena futurista in pugno le sue prede, lo fa tra le vie affollate di venditori ambulanti, fra passanti che circolano con l'ombrello aperto, tra gruppi di ragazzini non molto dissimili, sotto le vesti eccentriche, dai nostri.

Ecco nascere, allora, quella dimensione che rappresenta la maggior riuscita del film: il mondo dell'insolito. Quando l'architettura di certi palazzi gotici che ancora esistono nelle metropoli attuali si fonde ad altri ambienti ricreati in studio, quanto il fisico androgino di certi attori in carne e ossa si accosta a meravigliosi robot creati dagli specialisti, nasce quello straniamento che conduce alla poesia. BLADE RUNNER, lo avrete compreso, è un film che deve tutto all'ambiente, allo sfondo. Operando una fusione armoniosa fra il presente e l'immediato futuro, l'autore rende costantemente plausibile, sul piano pratico e ancor più su quello poetico, la rappresentazione che egli ci propone. Dilatando quella che è ormai la nostra realtà, cogliendone i segni più inquietanti e anche affascinanti, Scott sfocia costantemente nel fantastico e nel meraviglioso. Mai nel giochetto puramente tecnologico.

Una volta in possesso degli elementi della sceneggiatura e delle singole sequenze Scott compie meraviglie sul piano dell'invenzione registica: basti osservare con quale brio, con quale inventiva nella scelta delle inquadrature, dei toni di colore, dei suoni e delle musiche, del ritmo di montaggio, Scott risolva le sue situazioni. Siano esse all'aperto (L'attraversamento dei veicoli aerei tra i grattacieli) o al chiuso (lo scontro fra il cacciatore e la replicante acrobata, indimenticabile balletto meccanico) esse denunciano un talento nella scrittura cinematografica che trova pochi riscontri nel mondo del cinema attuale. Al suo terzo lungometraggio, Ridley Scott guarda lontano. Non per nulla, sfidando apertamente i mostri sacri del cinema degli anni ottanta, abbonda in strizzatine d'occhio che la dicono lunga sulle sue ambizioni. Se la scelta dell'onesto ma certamente non duttilissimo Harrison Ford ci riporta ai ricordi recentissimi degli spielbergiani AVVENTURIERI nanetti robotizzati e indisciplinati appartengono inequivocabilmente ai Lucas di GUERRE STELLARI. Ed è soprattutto a Kubrick che l'atmosfera apocalittica e di rinvio temporale dell'intera vicenda si ispira.

Eppure, dopo aver lodato le grandi qualità di Scott, occorre anche sottolineare che al suo cinema manca ancora una dimensione per essere veramente grande. GUERRE STELLARI o l'E.T. di Spielberg che vedrete fra qualche settimana hanno qualcosa in più, oltre il talento della scrittura: hanno un'anima, un significato, un messaggio se volete, BLADE RUNNER non possiede. Malgrado sforzi notevoli: perché Scott si vuole anche moralista. Ma le sue sceneggiature sono ancora assai più acerbe della sua regia: non solo confuse (si fa piuttosto fatica , specie all'inizio, a seguire la storia di BLADE RUNNER) ma anche abusive (il finale, assurdamente in happy end, veramente di comodo). I suoi personaggi declamano grandi problemi esistenziali, ma invero sono insufficientemente disegnati. A Scott manca ancora, insomma, la capacità di scendere nelle psicologie e di costruire i suoi discorsi con la stessi disinvoltura con la quale organizza gli spazi e le forme per i suoi personaggi. Quando ci riuscirà, se ci riuscirà, sarà ormai ai vertici.

Nel frattempo accontentatevi di godere, e non è poco, la meravigliosa atmosfera di BLADE RUNNER.


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