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IL BACIO DELLA PANTERA
(CAT PEOPLE)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 28 ottobre 1982
 
di Paul Schrader, con Nastassia Kinski, Malcolm Mc Dowell (Stati Uniti, 1982)
 
Cat People è il remake di un film girato nel 1942 da Jacques Tourneur. Non un film qualsiasi, ma un'opera cosiddetta di serie B, divenuta oggetto di culto da parte dei cinefili. E Paul Schrader, cinefilo lo è sicuramente (basti osservare i suoi omaggi a Bresson, il finale di Pickpocket in American Gigolo, e anche qui le diverse citazioni) da garantire perlomeno un fatto: che il significato di tutta l'operazione non è sicuramente casuale.

Omaggio al vecchio Cat People quindi, a Tourneur che aveva filmato questo tema scabroso degli uomini-leopardo che si trasformano in belve quando amano (o quando raggiungono l'orgasmo, se preferite), con una delicatezza e un'arte del sottinteso che facevano parte dei tempi. Dei nostri tempi, lo sappiamo, fanno parte altri modi di spiegarsi: e Schrader gioca il gioco senza esitazioni. Tutto l'orrore, (ed il fantastico quando le cose gli riescono), sono espressi con dovizia di mezzi e di sensazioni. Specie nell'edizione originale, col suono dolby, è difficile restare impassibili agli effetti sonori e visivi. Ma non solo: se formalmente il regista ha deciso per l'esteriorizzazione dell'emozione, intimamente egli ne fa la ragione vera e propria del suo film. E nella sequenza più rivelatoria, quella nella quale egli spiega, in immagini, il suo messaggio morale, ci fa assistere all'autopsia della pantera. All'autopsia, quindi, del Mito. Squarciato il ventre della belva, aperto l'oggetto del mistero, all'interno ritroverà l'uomo.

Questo circolo vizioso, questa esplorazione affascinante ma anche delicata sui confini che separano l'umano dal bestiale, la realtà dal sogno, la violenza dall'amore necessitavano della mano precisa di un cineasta che sapesse usare il proprio linguaggio senza un solo errore. Schrader, notevole sceneggiatore (si pensi al suo lavoro, determinante, con Scorsese, De Palma, Pollack) ma non ancora regista: le sue illustrazioni (vedi anche i precedenti Blue Collar e American GiGolo) finiscono col tradire, o perlomeno oscurare le intenzioni che stavano sulla carta.

Qui ritroviamo, sulla carta, certi temi che gli sono cari: quello dell'individuo puro, assetato d'amore, che assiste alle depravazioni dei principi morali, in un mondo che egli non riesce a redimere. E Nastassia Kinski, nella sua prova più matura a tutt'oggi, gli rende bene il personaggio assistendo incredula e incosciente (regola d'oro del suspense, oltre tutto) ai fermenti che porta dentro di sé. In altre cose (l'imprecisione di certe ellissi, gli accostamenti di montaggio un po' sottolineati, la mancanza di humour che fa scadere talvolta nel grandguignolesco, la fatica insomma a significare certe intenzioni che s'indovinano ma non si percepiscono) risalta l'incertezza dello Schrader regista. Il che non è un'osservazione puramente accademica: ma la ragione per la quale Cat People fatica a raggiungere la dimensione poetica.


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