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ATLANTIC CITY Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 19 marzo 1981
 
di Louis Malle, con Burt Lancaster, Susan Sarandon, Michel Piccoli (Francia - Canada - Stati Uniti, 1980)
 
ATLANTIC CITY ed il cinema di Malle hanno tutto per piacere: l'intelligenza e l'eleganza del regista che ogni immagine sottolinea, la sua capacità di rinnovarsi senza lasciarsi invischiare nelle manie ripetitive di un cinema nazionale. La presenza di un grande attore, Burt Lancaster, in un ruolo, quello del gigante fragile e lucido che dai tempi del Gattopardo egli ovviamente predilige. L'ambientazione nella cittadina balneare di Atlantic City, fascinoso universo di fasti decaduti e vizi rivelatori, che già aveva utilizzato Bob Rafelson nel suo misconosciuto KING OF MARVI'S GARDEN.

Eppure le immagini di Atlantic CITY, così come già quelle di PRETTY BABY o di LACOMBE LUCIEN ci trovano rispettosi ma tremendamente indifferenti. Tutto, nel film, tradisce la presenza di un filtro intellettuale del regista, una barriera che si frappone fra le sue intenzioni e le immagini, e che le rende studiate, dimostrative. Mai (eccettuato forse nel caso dei due giovani hippies spacciatori di droga, che lo spettatore ardentemente spera vedere scomparire al più presto dalla circolazione) si riesce a dimenticare per un istante che stiamo assistendo alla illustrazione sapiente di un'America vista da un europeo. Qui Malle ha posato due vecchietti che fanno illusioni perdute, là due Coca-Cola con hamburger e motel, qui il voyeurismo di hitchcockiana memoria, l'ex biondona imbellettata del viale del tramonto, il negro disco e l'hippy della "road movie", l'accenno al mito cinematografico del thriller coi suoi inseguimenti e la nostalgia per il filone nero del protezionismo.

Una serie di cartoline illustrate da Hollywood, perfino interessanti, ma in quanto testimonianza di una tipica patologia di una certa generazione di cineasti europei, l'americanismo mal digerito. Tutto questo, intendiamoci, tradotto con dignità espressiva da un cineasta provvisto di gusto (fin troppo, disgraziatamente), da un grande attore che respira in panni propri, da Michel Piccoli che descrive una curiosa macchietta. Sufficiente, questa polvere negli occhi, a convincere la giuria di Venezia che Atlantlc Clty era da premiare pari merito con GLORIA di Cassavetes...


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