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CONSTANS Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 22 ottobre 1981
 
di Krysztof Zanussi, con Tadeusz Bradecki, Zofia Mrozowska (Polonia, 1979)
 
CONSTANS è la storia di un Giusto. Forse l'ultimo che ancora esiste in Polonia dove, come dappertutto, trionfa l'arte di arrangiarsi.

Witold, il protagonista, si rifiuta di scendere aicompromessi, siano essi materiali o morali. Dio, la sorte, il destino (a seconda di come si vede la cosa) non gli risparmiano certamente le pene, in grazia di questa sua purezza. La sua esistenza sarà costellata di prove sempre più dure: perde la possibilità di viaggiare all'estero (già una specie di paradiso in terra), poi addirittura il lavoro, gli muore la madre, si urta nei suoi rapporti affettivi con le donne e gli amici. E da ultimo, mentre sta lavorando alla demolizione di una casa, provoca (o arrischia di provocare?) involontariamente la morte di un bambino. Involontariamente?

Il cinema di Zanussi riflette soprattutto su questo avverbio. Non basta essere giusti, puri, buoni, per meritarsi i favori del destino. "Il destino è il risultato di un calcolo di probabilità. E ciò che si può calcolare non è più un mistero", dice Witold alla sua ragazza. Ma questa sua certezza non gli impedisce, nella scena seguente, di andare incontro alla catastrofe.

La morale zanussiana (qualcuno dirà sicuramente il suo moralismo) stanno in questa sua fede nel mistero metafisico: lo stupendo finale, un colpo di scena sconvolgente in un film che procede senza sussulti, con l'autocontrollo tipico del cinema razionale del regista, rimette in questione le logiche e le certezze che ci eravamo costruite durante il racconto. C'è sempre il pericolo di un certo schematismo, della freddezza dimostrativa, nel cinema di Zanussi: questo finale di CONSTANS è un momento di intuizione magnifico, che indirizza il film sui cammini dell'inquietudine e del non finito. La purezza (o l'intransigenza, o addirittura il fanatismo) con la quale Witold ha cercato di comportarsi sul lavoro, negli affetti, non gli permette di dominare il destino. Quel destino nel quale Zanussi crede ("chamarlo Provvidenza o caso dipende semplicemente da preconcetti: il caso è una forza cieca, la Provvidenza una forza lucida") e che rimane per il regista il mistero attraverso il quale si può avvicinare la soluzione esistenziale.

Si può essere toccati dal cinema di Zanussi, o considerarlo un esercizio di stile eccessivamente determinato: in ogni caso è difficile non riconoscerne la conseguenza formale. È un cinema logico, razionale, basato su una sceneggiatura che difficilmente accusa delle crepe: e altrettanto difficilmente sono le immagini a concedere qualcosa al decorativo per non dire al compiaciuto. Tutto è al servizio, con una precisione tagliata al coltello, di un discorso e di una intelligenza. Certo, c'e anche un compiacimento per la propria intelligenza; ed il rischio di cadere nell'intransigenza. Proprio come quella del protagonista. Ma se il film ci sembra uno dei migliori del proprio autore, e uno dei più interessanti che il cinema dell'Est abbia prodotto negli ultimi anni, è proprio perché ci sembra essere più partecipe, quasi commosso, di altri cho lo hanno preceduto.

Il protagonista (Tadeusz Bradecki) è bravissimo: e Zanussi, anche se ne vuol sottolineare i limiti più che i meriti (ma sarà poi vero?) lo segue passo passo per il suo cammino verso la croce.


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