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I RAGAZZI VENUTI DAL BRASILE
(THE BOYS FROM BRAZIL)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 11 ottobre 1979
 
DI Franklin J. Schaffner, con Gregory Peck, Laurence Olivier, James Mason, Lilli Palmer (Stati Uniti, 1978)
 

Come guastare un'ottima occasione, quella fornita dalla fantagenetica. Che è di grande attualità, e non solo al cinema. Con un procedimento detto di clonaggio si può, partendo dalla cellula di un tessuto prelevata ad un essere vivente, ottenere una specie di copia esatta conforme all'originale. Tutto questo è stato ovviamente tentato (con successo) soltanto su degli animali. Ma immaginate cosa potrebbe succedere se fosse possibile moltiplicare, o far rinascere, i Mozart o gli Einstein. E' il vecchio sogno di Faust, l'immortalità...

Il guaio sarebbe, ed è il tema de I ragazzi venuti dal Brasile, che le tentazioni sarebbero anche meno nobili: come qui, ad esempio, quello di ricreare un novello Hitler. Basterebbe aver conservato in vita un qualsiasi tessuto del dittatore, e riprodurre un individuo dalle identiche caratteristiche biologiche. Poi ricreare per quest'individuo l'identica situazione familiare, sociale e psicologica ed il gioco sarebbe fatto.

Siamo nel campo, naturalmente, del fantastico: ma questa storia di neonazisti che dal Sudamerica seguono le ultime teorie biologiche si presta anche a motivo di riflessione. Come quella del germe del fascismo, della violenza, che si nasconde in ognuno di noi e che è soltanto in attesa di essere sollecitato. Purtroppo, una volta svelato il segreto della macchinazione, il film di Schaffner va in barca completamente. Forse l'autore di opere di notevole valore come Patton o II pianeta delle scimmie non era l'uomo adatto per girare questa storia. Il fatto è che I ragazzi venuti dal Brasile si trasforma rapidamente in un incredibile polpettone con finale grandguignolesco. Protagonisti in apparenza stellari: ma nei panni del famigerato dottor Mengele, un Gregory Peck che non è mai stato capace di recitare, e che non attende certo questa tardiva occasione per smentirsi. E Laurence Olivier, che di recitare ne è fin troppo capace: e che qui non lesina sugli effetti per rendere accettabile l'incredibile.


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