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GUERRE STELLARI
(STAR WARS)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 15 gennaio 1980
 
di George Lucas, con Mark Hamill, Harrison Ford, Carrie Fisher, Peter Cushing, Alec Guinness (Stati Uniti, 1977)
 
Un'immagine del set del film

BIANCANEVE E I SETTE ROBOT

Il cinema americano, dalle sue origini ad oggi, è marcato innanzitutto da una caratteristica essenziale: quello di essere un cinema "diretto". La riflessione filosofica, Il distacco dell'osservazione sono particolarità del cinema europeo: provate ad immaginarvi un Fellini, un Bergman o un Renoir nati dal cinema americano.

Il cineasta americano descrive la realtà immediata, spinto da quelle caratteristiche tipiche della cultura americana come il pionierismo, l'individualismo aperto nei confronti del futuro, l'ottimismo, eccetera. È la ragione per la quale tutto il cinema basato sull'immediatezza, e quindi sulla azione, è stato inventato dagli americani: ecco quindi il film d'avventura, il poliziesco, il suspense, il thriller, la commedia musicale. Il principio dell'azione, dell'amore per il racconto diretto, per l'avvenimento, per la dinamica (l'inseguimento, la "gag", sono tipiche di quel cinema) guidano sempre il regista americano: queste sue componenti sono in seguito modificate, è ovvio, dal temperamento di ognuno. E dalla sua origine etnica, e quindi culturale, a seconda che provenga daIl'Irlanda, dall'Italia o dalla Germania.

GUERRE STELLARI è un film, apparentemente, di fantascienza: e il pensiero corre quindi immediatamente a quello che è il capolavoro del genere, si potrebbe quasi dire il solo, 2001: ODISSEA NELLO SPAZIO. La differenza fra le due opere è grandissima e, direi, importantissima per comprendere il film di George Lucas. Kubrick, per molti aspetti, non è un regista tipico del cinema americano: è imbevuto di cultura europea, è uno di quegli americani (come Heminghway o come Fitzgerald) che è sempre vissuto nella seduzione del vecchio continente. ODISSEA NELLO SPAZIO è quindi l'opera di un pensatore, di un filosofo, di uno scettico. Kubrick non crede nella tecnica, non crede nei suoi robot, ed il meraviglioso finale del suo film, quando il protagonista si ritrova nella matrice bianchissima di quella celebre stanza datata storicamente, e che diventa vecchissimo e giovanissimo in qualche istante, rappresenta tutti i dubbi che Kubrick ha nei confronti dell'infinito, nella sua relatività, in quella della storia.

George Lucas è all'opposto. È un giovanotto americano ben piantato sulla propria realtà di trentenne, che ha visto gli uomini andare sulla Luna. È uno che crede nei robot; e nel cinema che gli si apre innanzi con una generosità incredibile, tipicamente americana. Generosità che offre all'intelligenza ed alla spregiudicatezza di giovanissimi come Lucas, Spielberg, de Palma o Scorsese la possibilità di spendere milioni per girare opere sotto diversi aspetti innovatrici; come GUERRE STELLARI , LO SQUALO, OBSESSION o, anche se più tradizionale, NEW YORK NEW YORK.

Ecco quindi che GUERRE STELLARI, prima di essere un film di fantascienza, prima di una riflessione sul futuro e sul passato, sulla tecnologia è un enorme fumetto, una favola: il trionfo dell'avventura e dell'azione. Qualcuno ha detto che è un enorme hot-dog innaffiato di cocacola. È comunque una specie di gigantesco "happening", un giocattolo da dieci milioni di dollari che in una sola settimana ne ha incassati sette, nel quale sono riassunti tutti i personaggi, con le loro manie ed il loro ricordo mitologico dell'avventura: da Flesh Gordon a Tarzan, dai Lanceri del Bengala a Mandrake, da Biancaneve al Principe Azzurro, da Alice nel paese delle meraviglie al Mago di Oz.

Una torta gigantesca che naturalmente, come tutto il grande cinema americano degli ultimi dieci anni, rivede i propri generi e li rivisita con l'occhio critico di oggi: GUERRE STELLARI è un western, un film di pirati, un poliziesco, un suspense, e anche un film di fantascienza. È un film nel quale ritroviamo, oltre ai diversi generi, i diversi tipi di attori, di eroi mitologici: nel film convivono l'eroe puro dagli occhi chiari, tipo Gary Cooper, e l'avventuriero cinico ed attaccato a soldi, ma fondamentalmente generoso, tipo Humphrey Bogart. Per chi vuol divertirsi, i riferimenti sono infiniti: così la Princinessa è ovviamente Biancaneve, i due robot sono Laurel e Hardy, lo scimmione Pilota è King-Kong, o la Bestia del celebre film di Cocteau.

Il film è zeppo di allusioni ai personaggi del fumetto, dell'avventura e del cinema, e cosi le situazioni (un solo esempio: quando i protagonisti cadono nelle fogne, tipico avvenimento sdrammatizzante di ogni film di avventura) e i dialoghi.

Va preso quindi come una favola meravigliosa "per grandi e piccini". Inizia, volutamente, in piena azione: come quei fumetti a puntate (i "serial" ) che si vedono alla TV. E termina allo stesso modo: in piena favola goliardica, con gli eroi coronati fra gli angeli dell'avventura. Manca solo la scritta "ritroverete i nostri Eroi nella prossima puntata", che permette agli autori di sottolineare il lato fumettistico, ed ai produttori di far seguire un prossimo, e redditizio, guerre stellari numero due...

Il film è un "divertissement" di lusso, la storia di un cow boy di una specie di Texas interstellare, che al posto di vacche custodisce robot. Che abbandona il proprio focolare domestico sotto la guida morale di un Samurai ispirato da teorie Zen (altri riferimenti alla mitologia cinematografica...) per combattere i cattivi, salvare la ragazza, ed incontrare la solidarietà virile tra uomini ed il fascino dell'avventura. Tutto questo, e lo abbiamo lasciato per ultimo, nobilitato da una cornice sontuosa: quella offerta dai celebri "effetti speciali" del cinema americano, che raggiungono qui una perfezione ed una bellezza inedita.

GUERRE STELLARI è anche il cinema inteso come oggetto di fascinazione meravigliosa, come fonte di fantastico al quale abbandonarsi senza troppi preconcetti. La bellezza dei suoi oggetti parla da sola: non solo la ricchezza o la sontuosità delle scenografie, ma anche la loro intelligenza, il loro significato per il subconscio dello spettatore, che si rivede proposto certe atmosfere dell'espressionismo tedesco (METROPOLIS di Lang, innanzitutto) o dell'avanguardia francese degli anni trenta.

Lodare la suggestione di un impiego dell'effetto tecnico che raggiunge la poesia della pop-art, o la scelta degli ambienti naturali (la Tunisia, il Guatemala, la Valle della Morte), o l'arte del montaggio impeccabile che governa la battaglia finale (costruita dopo aver visionato cinquanta combattimenti aerei della storia del cinema), appare superfluo, tanto queste cose sono evidenti.

Piuttosto sembra utile sottolineare come da questa enorme iniziativa, nella quale confluiscono capitali, apporti tecnici ed artistici così numerosi e svariati, come da questo pantagruelico calderone nel quale sono stati buttate tutte le golosità di un divoratore di cinema e d'avventura, nasca, semplicemente e naturalmente, la poesia.

Cosi come LO SQUALO dell'amico Spielberg non era soltanto un grande spettacolo, ma una dissertazione dotta e affascinante su una minaccia intima dell'inconscio, GUERRE STELLARI non è soltanto una meravigliosa esposizione per fanatici di gadget futuristici. Ma un omaggio, tipicamente americano, all'avventura, alla fiaba, al sogno. Esattamente collocato in un momento storico di quel cinema: del quale rivede con sguardo critico, con autoironia intelligente e con stupefacente padronanza tecnica certi momenti storici e certi significati morali che appartengono ormai a tutti noi.


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