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ANIMA PERSA Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 5 gennaio 1978
 
di Dino Risi, con Vittorio Gassman, Catherine Deneuve (Italia, 1977)
 

Per i film è come per la gente; certi nascono con la camicia, altri no. BRUTTI, SPORCHI E CATTIVI, tanto per rimanere alla commedia italiana, era alquanto approssimativo e mediocre: eppure deve aver avuto successo. ANIMA PERSA è un film compiuto ed intelligente, ma disturba.

Viene lanciato come un thrilling, ma dei film a suspense ha soltanto la cornice. PSYCHO di Hitchcock, il grande capolavoro del genere al quale l'ultimo film di Risi potrebbe apparentarsi vagamente, (per il tema, la schizofrenia, e per un certo approccio figurativo) era una trappola infernale per lo spettatore: che si identificava, grazie ad un elaboratissimo piano registico, con l'eroina (Janet Leigh), e che veniva assorbito lentamente nel tranello posto dallo schizofrenico Anthony Perkins. Risi non vuole sicuramente seguire il cammino di Hitchcock: il suo scopo è quello di spiegare, poco a poco, allo spettatore. Il mistero del piano superiore (gli scricchiolii d'obbligo, la porta che non bisogna aprire come ai tempi di Barbablù, la scala che conduce verso l'ignoto) si chiarisce progressivamente; e quando, alla fine, la verità si fa luce, essa viene accolta dallo spettatore più come la spiegazione di una tesi, che come la fine di un incubo.

Oltre tutto, è proprio la parte che attinge alle formule del "suspense" la più debole del film: quando Risi, nella prima parte, vuol impostare il suo racconto (tratto dal romanzo di Arpino) incuriosendo lo spettatore, inquietandolo, ci riesce relativamente. L'ambiente è splendido (la Venezia che muore, una coppia disfatta in un palazzo decadente, visitati da un giovane e disinibito studente) ma le formule non sono, appunto, che delle formule. Dove Risi si dimostra quello che è, e cioè uno dei registi italiani di maggior talento degli ultimi dieci anni (e non solo nelle formule della commedia brillante), è nel modo con il quale tira i fili della seconda parte.

Senza raccontare la trama, diciamo che ANIMA PERSA è la storia di due personalità sdoppiate: lui è, al tempo stesso, un benpensante aristocratico ed un "fratello" pazzo, che abita al piano di sopra. Lei, una borghese vittima della cultura dell'uomo; ed una ragazzina innocente che ha incontrato il cattivo. Progressivamente, come abbiamo detto, i due si svelano allo studente, ed allo spettatore. Ed ecco, in questa confessione, il film trasformarsi. Da un banale caso psicanalitico, utilizzato a puri scopi spettacolari, Risi trasforma il suo film in una meditazione sulla solitudine. Il talento di un autore lo si misura anche dal coraggio con il quale sa infrangere le regole, dall'intraprendenza con la quale sa spingere gli effetti. Ed il finale del film, che avrebbe potuto essere semplicemente granguignolesco, è invece una invocazione accorata d'amore, d'impossibilità di comunicare: la ricerca disperata di una mano tesa. Al massimo della teatralità, quando disperazione e follia sembrano prendere il sopravvento nell'animo dei protagonisti, quando il grottesco ed il decadente sembrano sbavare i toni del dipinto, ANIMA PERSA si trasforma in un incontro di grande tenerezza e comprensIone tra Risi ed.! suoi personaggi. Ed è proprio in questa svolta morale del film la sua forza, e la prova del talento dell'autore di è PROFUMO DI DONNA.

Di commedia comica non rimangono più che delle briciole, qualche gag appena accennata in una farsa che si trasforma subito in tragedia. Ma della commedia brillante è rimasto un attributo, sul quale Risi basa gran parte (oltre alla scelta degli ambienti) della propria arte registica: la direzione degli attori. Vittorio Gassman, in un film difficile, a tratti ambiguo, a tratti svolto su registri non sempre perfettamente dominati, riesce un personaggio assolutamente straordinario. Condotto su quei toni di mezze tinte che egli predilige, la caricatura diventa satira e poi dramma, il suo personaggio è lo specchio perfetto della dinamica del film. Da borghese autoritario e bigotto noi vediamo Gassman trasformarsi progressivamente in un essere contraddittorio, poi alienato, poi, semplicemente, solo. E questa trasformazione l'attore, ed il regista che lo dirige, ce la ridanno con un senso della misura e, al tempo stesso, con una sottigliezza, una determinazione che scava l'interno del personaggio, e che ce lo rivela gradualmente in superficie.

La grande interpretazione di Gassman in questo film che resterà probabilmente nel limbo delle opere sottovalutate, spiega e giustifica anche l'ormai noto passaggio dalla commedia al dramma negli autori brillanti italiani, Questi toni sfumati, che permettono di passare dalla notazione leggera e quasi casuale alla pennellata drammatica e tragica, sono una pura eredità della commedia. E, probabilmente, senza IL SORPASSO o I MOSTRI, Dino Risi non avrebbe potuto darci un film come questo: un film anche in parte sbagliato, ma dal quale si impara come dalla dismisura e dal mostruoso si possa giungere, talvolta, alla poesia ed all'amore.


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