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GLI ANNI IN TASCA
(L'ARGENT DE POCHE)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 17 marzo 1977
 
di François Truffaut, con Nicole Felix, Chantal Mercier, Jean-François Stevenin (Francia, 1976)
Truffaut ha due grandi amori, il cinema e l'infanzia. "Non potrei mai lasciare un film per una donna, ma potrei lasciare una donna per un film", ha detto.I grandi amori sono una bella cosa. Ma talvolta tradiscono. E Truffaut è spesso tradito dalle sue opere, forse dall'entusiasmo, dalla sincerità che egli indubbiamente traduce nei propri film. Il risultato è che ad un capolavoro come EFFETTO NOTTE fa seguito un film decisamente sbagliato, e percolosamente accademico come L'HISTOIRE D'ADELE H.. Ed a questo, L'ARGENT DE POCHE che è pure, fondamentalmente, non esattamente riuscito.

Quello che salva Truffaut dai naufragi completi (come per la storia sulla figlia di Victor Hugo), o dai semi-nafragi (come in questa sua ultima pellicola sulla pre-adolescenza) è, oltre alla sua sincerità, il grande amore che egli ha per i suoi interpreti. La Adjani di L'HISTOIRE D'ADELE H, o tutti questi ragazzi e bambini del suo ultimo film, sono osservati, accarezzati quasi dall'occhio della cinepresa con una tenerezza, una complicità che salvano le opere da tutti i loro difetti. Si è tentati di perdonare molti errori di costruzione, molti risvolti illogici delle sue storie, proprio per il modo con il quale Truffaut sa porgerci i suoi pratagonisti.

Ma, da un altro canto, è proprio un eccesso di complicità a rendere falso, talvolta divertente, ma indubbiamente ambiguo, questo L'ARGENT DE POCHE. Dai tempi dei QUATTROCENTO COLPI Truffaut è stato, per eccellenza, il regista dell'infanzia, questo soggetto cosi temuto dal mondo del cinema per il suo carattere facilmente sentimentale: ma l'infanzia che ci mostra qui Truffaut e quella che vogliamo noi adulti. Questi bambini, questi scolari, questi adolescenti alle prime esperienze amorose o sessuali, sono le macchiette che noi ci ricordiamo, o vogliamo ricordare, della nostra infanzia. Il dramma, la cattiveria, la verità dell'infanzia sono assenti, cancellate dall'humour, dalle strizzatine d'occhio, dalle piccole gag (anche felici) di Truffaut.

L'ARGENT DE POCHE non ha un protagonista: è spezzato in decine di episodi, che non si seguono temporalmente, aventi per soggetti bambini o ragazzi fino all'adolescenza. Sembra chiaro che Truffaut abbia voluto tentare qui (forse non molto modestamente) una specie di affresco-somma sui suoi personaggi infantili. Ma il fatto di non poter centrare il suo racconto su di un protagonista (come nei 400 COUPS o in BAISERS VOLES o L'ENFANT SAUVAGE gli nuoce maledettamente. Alcuni adulti, ed alcuni bambini, recitano alla filodrammatica. Ed al film manca completamente uno sguardo critico. Se Truffaut pensa che i ragazzi si avvicinano ai problemi del sesso come i piccoli voyeurs del suo film, semplifica il problema in modo perlomeno affrettato. E cosi se pensa di mostrarci le motivazioni della delinquenza giovanile nel comportamento del ragazzino malvestito (e ben pettinato) maltratto dalla madre. Il regista si è evidentemente messo nei panni del maestro della scuola (personaggio, assieme alla compagna incinta, del tutto insipido): "ho avuto un'infanzia piuttosto infelice", gli fa dire. "La società non s'interessa ai bambini, perché non sono degli elettori".

Sarà vero. Facciamo le culle, gli asili ed il ministero per l'infanzia. Ma tutte queste cose Truffaut, invece di farcele dire dal pistolotto finale del maestro, non poteva suggerircele con delle immagini meno divertite, meno spettacolari, meno abili? E, solo un filo, più critiche?


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