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CAR WASH Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 16 giugno 1977
 
di Michael Schultz, con Richard Pryor, Franklin Ajaye, Sully Boyar, Richard Brestoff (Stati Uniti, 1976)
La commedia musicale è morta, e difficilmente sarà Michael Schultz a farla resuscitare. E' un genere che non va più, si deve essere detto, però a me piace la musica rock. E ha scelto un compromesso: ha messo della musica come fondo sonoro continuo, sfruttando le radio private che in America, come qui, trasmettono musica pop in continuità. Ma ha fatto parlare, e non cantare, gli attori. La banalità della trama potrebbe anche essere un fatto trascurabile. Qui c'è una stazione di lavaggio per automobili, chi ci lavora è negro, e chi ci porta la macchina è bianco: è la descrizione di una giornata di lavoro, dalla mattina alla sera, annotazione sui tipi che ci capitano, scherzi (qualcuno divertente, la maggior parte di gusto ed effetto facile) tra gli impiegati, piccoli drammi a lieto fine.

La commedia musicale non è mai vissuta sull'importanza dell'aneddoto: i capolavori di Cukor, Minnelli o Stanley Donen raccontavano spesso storielle risibili centrate su personaggi privi di qualsiasi peso. Il vero protagonista, l'elemento che dava il tono ed il significato all'opera, era l'uso dell'ambiente. Con l'arte della scenografia, dell'uso del colore, con l'arte, soprattutto, di inserire un individuo in una dimensione artefatta, Minnelli, ad esempio, rinviava le sue storielle, spesso anonime, spesso melodrammatiche, su di un piano secondo: quello del sogno.

Ma il sogno milleniano, sempre per restare in uno degli esempi massimi di commedia musicale, non è certamente il facile abbandono ad atmosfere evasivamente ottimistiche, la soluzione qualunquista ai guai terreni. Sulla strada del fantastico, è al contrario una riflessione sull'impossibilità e la fragilità del sogno, sulle contraddizioni fra immaginazione e realtà istinto e ragione.

Visto in una prospettiva del genere, un film come CAR WASH è semplicemente squallido. Le sue immagini, spesso ritmate ed apparentemente dinamiche, non rinviano ad un bel niente. E' un film piuttosto qualunquista e falso non solo perché mostra dei negri felici, che ridono e scherzano secondo la miglior tradizione dello zio Sam, mentre si occupano di far luccicare gli oggetti di consumo creati dai bianchi. Ma proprio per questa sua impotenza di linguaggio, incapace (come deve succedere nella commedia brillante) a far percepire la frontiera fra sogno e realtà, fra fantasia e ragione.

Anche nei film più perfettamente anonimi si può ritrovare un motivo d'interesse: in CAR WASH è questa ennesima riprova che è proprio nella qualità del linguaggio che risiede il segreto, la molla, che fa scattare l'opera cinematografica. Quando il linguaggio è impotente, vile o volgare tutto il significato morale del film non può che ricalcare i medesimi sentimenti. In apparenza CAR WASH può anche essere un divertimento simpatico, innocuo, qualche risata, un buon ritmo, della discreta musica attuale. In realtà lascia delusi, irritati o indignati per quell'assenza di onestà critica, di pudore civile dal quale nessun lavoro, nemmeno quello presunto d'evasione, può astrarre. Ma, ripeto, la disonestà di CAR WASH sta nella sua impossibilità ad evadere dall'immagine mostrata, ad invitare lo spettatore, magari anche solo “fra le righe”, a riflettere ed a vedere due palmi oltre la punta del proprio naso.


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