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LA PRIMA COMUNIONE DI JULIEN (LA COMMUNION SOLENNELLE) Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 22 marzo 1979
 
di René Feret, con Nathalie Baye, Myriam Boyer, Marcel Dalio, Philippe Léotard (Francia, 1976)
 

Il giorno della prima comunione. Più ancora che quello di un matrimonio, che è l'incontro fra due famiglie, è questo il tipico momento in cui il gruppo familiare si ritrova riunito. René Féret, voce nuova del cinema francese, parte da questo spunto per riandare con la memoria indietro negli anni. Tre generazioni a ritroso nella storia della propria famiglia. Non una cronaca, ma la memoria di alcuni istanti privilegiati. Nel film si articolano quattro momenti: 1900, 1925, 1954 e il presente. Tre famiglie, contadini, artigiani, commercianti nella provincia forte del Nord e del Passo di Calais. Minatori, bottegai, proprietari terrieri.

Ben presto si rinuncia a seguire il filo del racconto, di generazione in generazione. A decidere chi sia figlio di chi, nipote del tale, moglie di quello. La communion solennelle non è una cronaca. E' la memoria di un trapasso storico, di come il capofamiglia perde la propria autorità, di come il figlio pianta la terra per andare a Parigi a farsi fuori la sostanza. Di come evolve il proletariato francese, si passi da una economia agricola ad una industriale.

Incurante dì una logica storica e di racconto, con il medesimo personaggio interpretato talvolta da due attori diversi, Féret si attacca all'umore delle cose, al motore delle azioni. Al sesso, che domina in sottofondo i momenti forti del film; ai soldi, che condizionano in modo determinante i rapporti fra i protagonisti e la società. Lo stile di Féret è accuratissimo, soprattutto nella composizione dell'immagine, nella cura dell'ambientazione, servita dà una fotografia di grande qualità. Gli attori sono scelti in modo impeccabile, e aderiscono ai personaggi nel senso voluto dall'autore. Il montaggio, pur nella difficoltà di una costruzione frazionata nel tempo, si svolge con facilità ammirevole.

Perché, allora, La communion solennelle ci commuove solo a tratti, e stentiamo a riconoscerle quei caratteri di eccezionalità che la critica francese, da sempre ansiosa di trovarsi un novello Godard, ha conferito entusiasticamente al film? Féret si è scelto la strada più difficile: abbandonare, ed in modo così clamoroso, le regole delle unità tradizionali di tempo e di luogo non è un'impresa facile.

Cinema della memoria: vengono alla mente certi capolavori di Alain Resnais. Nel cinema dell'autore di Providence il tempo svanisce, si scioglie in una pittura che privilegia l'individuo, eterno, fuori appunto dal tempo. In quello di Féret quegli sbalzi continui finiscono col disturbare. Certo, dimentichiamo il filo del discorso generazionale, come vuole il regista. Ma la storia, quella con la maiuscola, il progredire dell'uomo, si fa fatica a riconoscerlo.


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