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CABARET
(CABARET)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 22 novembre 1973
 
di Bob Fosse, con Liza Minnelli, Michael York, Joel Grey, Helmut Griem, Marisa Berenson (Stati Uniti, 1972)
La commedia musicale che ha dato al cinema, in altri tempi, alcuni dei suoi momenti più alti è notoriamente in disuso. Sostituita, in televisione, dalle coreografie approssimative e lagnose del sabato sera che sappiamo. Bob Fosse la risuscita, cosa che non è da poco, legando la classe di un animale da scena come Liza Minnelli all'odore delle quinte di un palcoscenico che gli americani così bene dipingono, alla pittura di un mondo drammaticamente in evoluzione come la Germania degli anni 30 e l'ascesa del nazismo.

La grande trovata del film è di legare l'ambiguità dei personaggi (la figura geniale del presentatore, il mondo dei travestiti, il barone milionario, gli ospiti della pensione) a quella della situazione storica, sociale, politica nella quale questi personaggi evolvono. Vista a posteriori, con gli occhi di chi «sa cosa è successo» acquista una forza espressiva ed emotiva che, inserita in un genere come il musical, è una notevole e fertile novità. Bob Fosse, il regista, ma anche lo sceneggiatore Jay Allen si muovono in questa pittura d'ambiente con una sapienza tecnica e, sovente, con una introspezione critica invidiabili. I montaggi paralleli che sono un procedimento solitamente di sapore antiquato e di prevedibile noia, acquistano in CABARET risonanze inedite, accostando arditamente le parti musicali alle tragiche manganellate dell'epoca. E di quell'epoca tutto il film è imbevuto della tipica allegria equivoca, dello sfogo angosciato di chi sente, lucidamente o anche solo inconsapevolmente, l'avvicinarsi della tragedia. Come nelle grandi commedie musicali anche in CABARET non è la trama, nella sua elementarità banale, che costituisce la chiave dell'interpretazione artistica. Bensì l'ambiente, la dimensione di questo spazio nel quale la trama si svolge. Se il film non è in assoluto un capolavoro le ragioni vanno ricercate nella frammentarietà di alcuni episodi, che finiscono per essere marginali, nell'istrionismo degli attori che, pur nella loro innegabile bravura, s'impongono eccessivamente, nel dimensionamento non sempre impeccabile fra le parti musicali e quelle drammatiche. Ma CABARET è un film tutto da vedere. E per chi ama il cinema, il piacere di ricuperare un genere prezioso.


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