Eppure Newman schiva abilmente i tranelli, sulla traccia di un ottimo dialogo, di una recitazione che diviene forzatamente uno dei cardini dell'opera, di uno sguardo cinematografico che gioca con i visi dei personaggi, più che con le situazioni. Riuscendo così a donare a questi un significato emblematico, o perlomeno non eccessivamente aneddotico. Così la luce con la quale illumina la ragazzina-scienziata gli serve per elevarla al disopra della situazione, senza dover ricorrere a troppe spiegazioni letterarie. Così l'anziana, drammaticamente introdotta nel quadro quotidiano. Così i risvolti umoristici che Newman sa donare al pur desolato personaggio della madre, conferendogli malgrado tutto una umanità, una credibilità che gli schemi di una pittura troppo manicheistica gli avrebbero negato.

C'è nel film di, Newman, come spesso nel cinema americano anche di livello non elevatissimo, una verità dello sfondo che il cinema europeo, ad esempio, non possiede. La cittadina dell'est americano, che intravvediamo ad incorniciare la vicenda, è qualcosa di più che un semplice pretesto illustrativo. E' un documento, dai toni senza pretese, sicuramente vero, diretto e semplice sull'ambiente nel quale si svolge il racconto. Parrebbe una cosa ovvia: ma il cinema industriale, cioè tutto il cinema che vediamo nelle sale, non permette più a questa semplicità di farsi strada.