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DIECI INCREDIBILI GIORNI
(LA DECADE PRODIGIEUSE)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 26 ottobre 1972
 
di Claude Chabrol, con Orson Welles, Marlène Jobert, Michel Piccoli, Anthony Perkins, Guido Alberti (Francia, 1971)
C'è chi, in Francia, per sottolineare il punto di crisi attuale di quella cinematografia, indica i due estremi della parabola creativa di Chabrol: lLE BEAU SERGE, che lo rivelò tra i fondatori della "nouvelle vague", e questo suo ultimo LA DECADE PRODIGIEUSE che rappresenta l'indubbio indice di smarrimento, forse non solo personale, ma collettivo, di tutta una scuola.

Chabrol è sempre stato un grande ammiratore, oltre che di Hitchcock, del cinema americano in genere. E di quella scuola ha ereditato il senso della qualità, la sensibilità del mestiere che spesso, nei suo films, ha nobilitato dei soggetti non certamente elevati. Di lui avevamo lodato, pochi mesi fa, LA RUPTURE: l'interesse notevole di quella pellicola derivava dal fatto che il regista, tra le righe di un film giallo qualsiasi, riusciva a condurre un discorso moto più profondo, quasi una dissertazione sul Bene e sul Male. E ci riusciva proprio per una perizia estrema di linguaggio, per una educazione estetica che gli permetteva di conferire alle immagini una dimensione seconda, astratta, trasfigurante.

La medesima cosa, probabilmente, si voleva ottenere con questo soggetto di Ellery Queen: il risultato è purtroppo un pasticcio orribile di mitologia dozzinale, di psicologia freudiana mal digerita o, forse più semplicemente, di grandiloquenza cinematografica priva di qualsiasi ispirazione.

È rimasto il mestiere, certo. Movimenti di macchina (l'arrivo alla stazione, con la sua lunghissima panoramica sulla Jobert in rosa), inquadrature preziose e colori sfumati. Ma fini a se stessi, soffocati dalla presunzione di un discorso abnorme. Soffocato, il tutto, dalla presenza di troppi attori dalle (presunte) marcate personalità. A parte la Jobert (che di personalità non ne possiede), Anthony Perkins ripropone per la centesima volta l'unico suo grande ruolo (quello di PSYCHO di Hitchcock), Piccoli fa l'uomo intelligente dallo sguardo limpido. Orson Welles meriterebbe uno studio a parte: non vedo quale regista potrebbe dirigere oggi quel monumento al merito, Zeus della celluloide, senza rimanerne travolto.

La grandiloquenza di DIECI INCREDIBILI GIORNI è l'impossibilità di riproporre l'eterno Welles - Kane - Arkadine in un epoca che non è più la sua. Il tonfo del film, almeno al cinquanta percento, se lo assume il vecchio Orson.


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