In questo film del 1968, passato a suo tempo del tutto inosservato, sono già presenti grandi qualità. Il genere western, che già allora era «rivoluzionario» (introduzione di conflitti psicologici, rivalutazione dei cattivi indiani, ecc.), ma soltanto nei suoi elementi più esteriori, è visto da Pollack con una estrema spregiudicatezza. Quella facoltà di liberarsi dall'aneddoto che sfocierà in quel capolavoro che è JEREMIAH JOHNSON.

Tutti i rapporti fra i personaggi, ma in special modo fra quelli di razze diverse, sono riproposti con un'autonomia rispetto alle regole classiche del genere da finire per trascendere il significato del racconto. Che diviene ben presto una riflessione acuta sui rapporti fra servo e padrone, e sulle conseguenze del suo ribaltamento.