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LA BIBBIA
(THE BIBLE: IN THE BEGINNING)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 12 giugno 1975
 
di John Huston, con John Huston, Michael Parks, Ulla Bergryd, Richard Harris, Stephen Boyd, George C. Scott, Franco Nero, Ava Gardner, Peter O'Toole, Eleonora Rossi Drago, Gabriele Ferzetti, Pupella Maggio (Stati Uniti, 1966)
 

Un cast da brivido, sembra a prima vista uno scherzo. E dei risultati da raffreddatura. I grandi temi, i grandi soggetti si adattano male al fragile equilibrio del linguaggio cinematografico. E' dalle storie più semplici, quasi elementari, che più facilmente nasce la poesia, vuoi l'arte. Il grande merito di John Huston in questo “colossale” del 1966 (18 milioni di dollari di allora, due anni di lavorazione) è quello di aver schivato l'ostacolo. Di essere riuscito, cioè a fare un film personale, alla sua maniera, con i suoi temi, all'interno di una grossa produzione. Di non essersi fatto soffocare né dai soldi, né dal tema.

Il fatto è che Huston, ce ne accorgiamo ora che ha settanta anni e che rimane il più giovane, il più fertile dei vecchi di Hollywood, è il tipico grande regista della vecchia scuola americana. Maestro nell'aggirare l'ostacolo affibbiatogli dalla produzione, nel rovesciare le carte scrivendo all'interno del soggetto, il proprio poema, immutabile ed eterno.

LA BIBBIA di Huston non è certamente un film religioso, ma il poema epico di un ateo, o meglio di un agnostico, come egli stesso si definisce. E, perlomeno nei suoi momenti migliori, il film assume un respiro di un'ampiezza grandiosa, e la drammaticità di quello che finisce per diventare il tema dell'opera: la crudeltà di Dio.

Nel film si accostano momenti di grande ispirazione, altri nei quali la tradizione americana per una certa semplificazione intellettuale prende il sopravvento. Fra questi, ad esempio, la sequenza di Sodoma e Gomorra, pur illuminata dal magnetismo della presenza degli Angeli, che Peter O'Toole traduce con il proprio sguardo incredibilmente penetrante. Sequenze come quelle dell'Arca di Noè (interpretato dallo stesso Huston, con l'abituale disincantata finezza) sfociano invece nel meraviglioso con una calda e semplice umanità che raramente il cinema detto storico riesce a raggiungere.


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