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Y TU MAMA TAMBIEN - ANCHE TUA MADRE
(Y TU MAMA TAMBIEN)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 18 settembre 2002
 
di Alfonso Cuarón, con Gael García Bernal, Diego Luna, Maribel Verdú (Messico, 2001)
 

Road-movie testosteronica. Due ragazzotti della bene spinellata di Città del Messico decidonono di evolvere dallo stadio allegro della masturbazione collettiva a quello più impegnato: partendo al mare con la bella cugina in crisi matrimoniale e determinata, anche se con qualche ripensamento, a gingillarsi in materia.


Presentato, ed un po' generosamente premiato a Venezia 2001 per la sceneggiatura, Y TU MAMA TAMBIEN - ANCHE TUA MADRE vive innanzitutto di questa sua esuberanza. Non si sa quanto giovanilistica: per un Alfonso Cuaron quarantenne dall'esordio hollywoodiano, sempre nell' indagine adolescenziale, forse di altro stampo trattandosi del dickensoniano GREAT EXPECTATIONS (PARADISO PERDUTO, con Gwyneth Paltrow, 1998). Fatto sta che a Cuaron, ritornare alle proprie più instabili ma di certo stimolanti latitudini pare giovare: ed il film si alimenta, e si costruisce su questa sua carica vitalista.


Filmato con una cinepresa a spalla che non disdegna una certa scelta estetica, Y TU MAMA TAMBEN non ricorda allora soltanto JULES ET JIM o altri tradizionali ménages a trois nella maliziosa contesa fra i due arrapati. Ma, piuttosto, per un'energia, una voglia di liberarsi (dovuta in parte alla presenza dei due giovani animali da set - Gael Garcia Bernal, già notevole nel prepotente AMORI CANI, di Alejandro Gonzalez Iñarritu), di lasciarsi andare a filmare senza falsi pudori, alla ricerca di una sempre difficile spontaneità. Quella che rincorreva più un cinema europeo dei dintorni 68 che non quello americo-latino nel quale ha veleggiato Cuaron. Solo che, a colpi di scopatine, battutacce e reazioni adolescenziali pure schizzate con maliziosa attenzione e sensibilità, non è facile tirare innanzi sulla sola facilità di tono per la durata di un lungometraggio.


Ed ecco allora affiorare il secondo aspetto, assai meno spontaneo, questo, degli ammiccamenti testosteronici. Un narratore prolisso, che puntualizza con il suo commento off, accadimenti e significati. E se ciò conferisce un distacco melanconico, una notazione esistenziale ad una vicenda forse meno spensierata del previsto, pure le affibbia certe pretese che con l'andazzo allegramente amorale faticano a coniugare. Più Cuaron s'avvicina al mare, più gli crescono gli scrupoli: sotto forma di squarci sullo sfondo sociale ovviamente miserabile, una scena madre dov'è questione di sempre utile omosessualità repressa (da cui il titolo italiano), fino ad un epilogo dove ci spiegano che il libero andazzo era dovuto al solo esito incombente di una malattia fatale. Ed all'indifferenza reciproca alla quale saranno ormai destinati i nostri due. Rigurgito moralista? Ma che allo spettatore impone l'obbligo di un riciclo mentale assai faticoso.


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