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U - 571 Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 30 settembre 2000
 
di Jonathan Mostow, con Matthew McConaughey, Bill Paxton, Harvey Keitel, Jon Bon Jovi (Stati Uniti, 2000)
 
C'è film di guerra e film di guerra. C'è stato SALVATE IL SOLDATO RYAN: la rappresentazione della morte più efficace che si sia offerta il cinema del genere, "la guerra come se ci foste stati veramente" (come se si trattasse di una gita di piacere sull'otto volante; ma questo è un altro discorso). Tante belle cose, qualcuna pure innovativa: però una progressione drammatica alla vecchia, la marcia dell'Eroe fanciullo tanto caro al papà di E.T. nella guerra dei Giusti con tanto di arrivano i nostri.

E quindi c'è stato qualcosa di diverso: la guerra non più come un'avventura da seguire, come un tragitto con tanto di capo e di coda. Ma come itinerario interiore ai personaggi; che lo spettatore era invitato ad esplorare. Una rappresentazione riflessa dall'interno; e non più osservata dall'esterno. Cosi, nello straordinario LA SOTTILE LINEA ROSSA, il capolavoro di Terrence Malick: l'assenza di una storia, e quindi l'assenza di una morale. Impossibile da assumere, assurda da reclamare per chi ha un minimo di coscienza. La trasformazione di una progressione drammatica in un'attesa, una meditazione; dell'energia spaventosa di una battaglia in uno stupro dell'ordine naturale delle cose. La guerra, dapprima fisicamente, quindi spiritualmente, come atto supremo contro natura.

A poco più di un anno, un terzo motivo di riflessione che non dovrebbe tardare a giungere sui nostri schermi, quello dell'israeliano Amos Gitai (con la collaborazione del nostro Renato Berta, al quale riesce una delle fotografie più significative di tutta una carriera ad altissimo livello) in KIPPUR.La guerra dei quattro barellieri che sprofondano nel fango; la guerra della quale non sai più se stai raccogliendo dei feriti o perdendoti per dei morti, della quale non vedi mai il nemico, solo la sua evidente assurdità antieroica, il suo disordine cosi quotidiano.

Ora, nelle nostre sale, U - 571 di Jonathan Mostow., certo il più debole dei quattro; ma non privo d'interesse, non fosse che per un suo modo di riferirsi alla tradizione del genere, alla svolta di cui sopra; ed a quello che sembra essere un bisogno crescente di riflessione sulla ricorrente follia guerriera dell'uomo. Ripescando un avvenimento autentico della Seconda Guerra, quello di un sommergibile americano che si camuffa da U-boot per conquistare un sottomarino nazi nel quale è conservato il codice segreto usato da Hitler per intercettare le rotte nemiche, Mostow riprende il principio del suo film precedente, BREAKDOWN. Si rinchiude assieme ai suoi eroi sott'acqua, filma due volte l'identica situazione, subita prima dai tedeschi, quindi dagli alleati che hanno preso il loro posto: gli individui impossibilitati ad agire che subiscono, impotenti, nell'abitacolo claustrofobico, tentando di sopravvivere alle bombe sottomarine, affidandosi al solo intuito, al senso dell'udito. Il regista isola storia e personaggi da ogni contesto superfluo: quegli uomini non hanno un passato, una psicologia, una motivazione che non sia quella di sopravvivere. In quell'involucro primitivo come un utero materno nel quale la loro condizione di folli belligeranti li ha confinati essi vedono la propria angoscia trasformarsi in violenza. L'azione, in un balletto meccanico fatto di suoni stranianti, di bulloni che saltano sotto la pressione dell'acqua, di manopole misteriose da manovrare, (gli americani si ritrovano con le scritte in tedesco che non riescono a decifrare) in un universo sempre più assurdo ed alienante.

Per sfortuna di U - 571, rimane il fatto che la cronaca recente del sommergibile russo Kursk gli ha tarpato le ali: accanto ai suoi pregi espressivi diventa cosi impossibile chiudere gli occhi sul suo schematismo un po' becero. Con i buoni sottomarini americani da una parte (tra l'altro, erano stati quelli inglesi a compiere l'impresa...), e quelli perfidi tutti dall'altra. E la solita buona pace di coloro che sono convinti che obbedire e tacere finisca per essere il toccasana di ogni male.


   Il film in Internet (Google)
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