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SAINT JACK Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 25 settembre 1980
 
di Peter Bogdanovich, con Ben Gazzara, Denholm Elliott (Stati Uniti, 1979)
 
Ben Gazzara, il prosseneta dal cuore tenero di questo film, richiama alla mente l'universo di quello che è il suo maestro, John Cassavetes. Tra questo SAINT JACK ed il recentissimo GLORIA visto a Venezia è utile tirare un parallelo: del film di Cassavetes si sono lette nei giorni scorsi cose di uno squallore sconsolante. Si è detto, in breve, che Cassavetes ha diretto benissimo gli attori, che il film è montato con abilità ma secondo le leggi del "thriller", che Gena Rowland è di una abilità "istrionica". Insomma, che GLORIA è un film di schemi, di trucchetti, diciamo, commerciali, anche se ben fatto. Operazione furba per far soldi, da parte di un regista che è sempre vissuto ai margini del successo malgrado, o forse a causa del proprio genio. Va bene, GLORIA è basato su uno schema "commerciale". E anche SAINT JACK. E ambedue i film sono trattati abilmente, dal punto di vista del montaggio, ad esempio, o della direzione di attori. Anche Bogdanovich sa cogliere nello sguardo del suo protagonista l'attimo fuggente, quello che i mestieranti si lasciano immancabilmente scappare, gridando "cut" un attimo in troppo presto. Il ruffiano di Singapore dice che si fa l'amore per mille ragioni, e quindi perché non farlo anche per soldi; è capace di guardarsi attorno, e la cinepresa lo sorprende appunto mentre il suo sguardo si intenerisce sui giovani in congedo dalla guerra di Corea, venuti due giorni nel suo bordello per credersi vivi.

Ma perché, allora, malgrado queste similitudini GLORIA è un'opera sconvolgente, probabilmente un capolavoro, mentre SAINT JACK lo si segue come un telefilm? Per una ragione semplicissima, ma che sta alla base di tutto il grande cinema: GLORIA si giustifica e si significa in rapporto alla tela di fondo, SAINT JACK no. La vicenda del primo è un pretesto, il vero tema del film è la New York che fa da sfondo: una pennellata di anticipazione sconvolgente di quello che sarà la nostra società fra qualche anno, un mondo nel quale gli orpelli del capitalismo si sono scrostati come i muri del caseggiato nel quale la famiglia di Gloria viene annientata, senza che nessuno muova un dito. Un universo di agghiacciante indifferenza nel quale i sentimenti si sono dissolti nell'angoscia di una metropolitana. Dietro a SAINT JACK c'è una Singapore non proprio turistica, ma da buon documentario in superotto. C'è un mondo, dei personaggi anche discretamente dipinti, ma che non significano molto di più di quello che sono nella storiella che si va raccontando.Il difetto dEL FILM, che è poi quello di tutto il cinema magari anche ben fatto ma qualunque, è quello di non riuscire a dire niente di più della vicenda contata: Ben Gazzara è ruffiano ma in fondo bravo tipo. Va bene, e poi?


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