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RACCONTO D'AUTUNNO
(CONTE D'AUTOMNE)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 13 novembre 1998
 
di Eric Rohmer, con Marie Rivière, Béatrice Romand, Alain Libolt, Alexia Portal (Francia, 1998)
 
Ormai, i film di Rohmer si seguono, coniugano, assomigliano o contraddicono con una cosi grande armonia, grazia ed intelligenza da arrischiare, paradossalmente l'autodistruzione. Quasi che l'eccesso di perfezione di queste architetture intellettuali che impreziosiscono l'osservazione del nostro (spesso assai più squallido) quotidiano, finisca per allontanarle dalla realtà. Per compiacersi in un fulgido accademismo, in un gioco prezioso ma crudele ai danni dei propri personaggi, in una manipolazione sublime, ma in definitiva sterile di quei legami - sentimentali, intellettuali, morali - che regolano i rapporti fra gli individui.

In RACCONTO D'AUTUNNO si tratta addirittura di una doppia manipolazione: quella di Isabelle (la Marie Rivière di LE RAYON VERT) che decide di maritare l'amica Magali (la Béatrice Romand di LE GENOU DI CLAIRE... 28 anni dopo), viticoltrice solitaria nell'Ardèche. E quella di Rosine, l'amichetta del figlio di quest'ultima, che si sforza di allontanare da sé il suo non più giovanissimo ex-amante nonché professore di filosofia Etienne: convincendolo a corteggiare Magali che, ignara, si ritrova cosi con due fidanzati virtuali.

È il solito concerto - per certi versi esasperato - caro al regista francese: la geografia dei sentimenti che si disfano e si ricostruiscono, le piste infinite della ragione che vengono ad intersecarsi con quelle più fragili del cuore, la costruzione corale che, nella sua perfezione simmetrica annulla ogni rischio di sentimentalismo, di affettazione mondana. Cinema della scrittura sovrana (ma mai fredda ed astratta: che gli ambienti, deliziosamente appropriati umanizzano e significano), dei dialoghi "naturali" ma scanditi con una precisione antinaturalistica, degli attori che devono la loro perfezione al fatto di rappresentare la cerniera esatta sulla quale la coreografia di Rohmer si fa dramma e commedia (si veda, ad esempio, la giustezza dei personaggi maschili)

Quella di Rohmer non rappresenta altro che la continuazione della grande tradizione francese della commedia dei sentimenti alla Beaumarchais: condotta con una sapienza che, come osservano in molti è più quella fredda di un entomologo che osservi gli insetti, piuttosto che quella commossa del poeta che indaga sull'animo umano. Ma se RACCONTO D'AUTUNNO ci sembra comunque appartenere al cinema più grande di uno dei sui rappresentanti più nobili è per un calore che - quasi a dispetto del raziocinio dell'autore -affiora tra le immagini. Dovuto all'età dei protagonisti, che conferisce alle loro situazioni e reazioni un peso assai diverso di quello di certi pur simpatici giochetti adolescenziali del passato. Alla luce del film (di certo uno dei più pittorici e lirici nella filmografia di un regista che non ama abbandonarsi ai flou artistici...), quando si posa sulla luminosità di una Provenza che scolora nei primi segni dell'autunno, o sfiora con discrezione le rughe dei personaggi, lasciando scorrere teneramente i raggi del sole fra i capelli di Magali. O, in quel finale nella grande tradizione del cinema francese, alla piccola musica, al ballo di campagna che, inaspettatamente, giunge ad abbracciare i protagonisti.

Rohmer non sarà mai Renoir, ma le vie che conducono l'intelligenza e la fantasia all'arte sono fortunatamente infinite.


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