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RATATOUILLE Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 27 ottobre 2007
 
di Brad Bird, lungometraggio di animazione (Stati Uniti, 2007)
 
Pixar, maestri nel campo dell'animazione tridimensionale (TOY STORY, MONSTER & CO., BUG'S LIFE, ecc.) fanno ormai tutt'uno con la Disney. Per intanto, solo a livello manageriale: riuscirà John Lasseter, l'ormai mitico autore di TOY STORY a fondere i due universi, l'indiscussa, dinamicissima innovazione contemporanea con il blasone storico per eccellenza? La vicenda, solo apparentemente infantile del topo Remy di RATATOUILLE (ancora…; ma questo ratto non è ormai più che il lontanissimo parente di Mickey Mouse) che aiutando l'umile sguattero Linguini sogna di diventare lo chef più celebre della gastronomia parigina porta già l'impronta dell'associazione. La filosofia dell'aiutati che un dio t'aiuta, il credo tipicamente americano della riuscita assicurata a tutti gli individui di buona volontà, ed in particolare a coloro che osano esplorare nuove frontiere, la solidarietà fra gli umili nel segno dell'amicizia appartengono alla matrice del papà di tutte le Cenerentole del mondo. Mentre, la tecnica, ad ogni volta incredibilmente affinata, ma anche la cura per la sceneggiatura (saggiamente elaborata per un campo che gli animatori considerano solitamente in modo sbrigativo), la relazione approfondita con l'ambiente, l'applicazione creativa degli interventi registici sono tutti inequivocabilmente Pixar.

Affidate a Brad Bird, ritroviamo, ancora perfezionate, le particolarità che avevano fatto di GLI INCREDIBILI con i suoi supereroi in crisi, Oscar per l'animazione nel 2005, un capolavoro del genere. L'evasione, certo, nel fantastico, nel mondo sempre gratificante della fiaba: ma tutta costruita in opposizione all'autentico, in un gioco di specchi che confronta il mondo degli animali con una cura dell'indagine realistica maniacale, ma infine poetica. Non si tratta soltanto di cifre di per sé stesse già sbalorditive. Di sapere che dei 500'000 peli che si trasporta appresso normalmente un ratto la Pixar ha deciso di animarne “soltanto” 30'000. Che per costruire la Parigi che fa da sfondo al film sono stati scattate 4'500 fotografie di riferimento, dal sottofondo delle fogne alla sommità della torre Eiffel, dalle rive del canale Saint-Martin ai vicoli della Rive Gauche. O che per documentarsi sui segreti più reconditi della ristorazione ai vertici si è frequentato assiduamente la Tour d'argent, Taillevent, Procope o Chez Michel…

Bird e compagni si dilettano innanzitutto a confrontare la raffinatezza dei cibi e dei loro ingredienti (nel dettaglio incredibile permesso dagli infiniti pixel) con la visione non proprio edulcorata delle dirompenti falangi di topi. Ma il fascino del film ( e ciò che lo rende effettivamente “per grandi e piccini”) nasce dalla maturità dello sguardo registico. Da come, in una sceneggiatura attenta ai risvolti psicologi, addirittura filosofici delle faccenda il senso della visione entri con tutte le sottigliezze permesse dalla sintassi cinematografica, i movimenti della cinepresa piuttosto che il taglio delle inquadrature, il ritmo del montaggio che la scelta delle dominanti cromatiche. Osservato a quel modo il contenitore parigino che ospita la favola conferisce a quest'ultima uno spessore che nasce dalla nostra memoria. Da quella cinefila, delle commedie americane a Parigi, delle cadenze miracolose dei Lubitsch, Wilder e Blake Edwards; a quella più semplicemente culturale, nel riflesso di quella Ville Lumière cosi ammirevolmente ricreata. E, per coloro che volessero semplicemente farsi delle risate c'è il bonus del tradizionale cortometraggio che precede il film, i guai di un apprendista marziano alla guida dell'astronave, impagabile.


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