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QUALCUNO VOLÒ SUL NIDO DEL CUCULO
(ONE FLEW OVER THE CUCKOO'S NEST)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 21 febbraio 1980
 
di Milos Forman, con Jack Nicholson, Louise Fletcher, Danny de Vito (Stati Uniti, 1975)
 
Gli equivoci sull'ultimo film di Forman nascono una volta ancora dal confronto fra il film ed il romanzo, il best-seller di Ken Kesey. Nel libro si raccontava di un prigioniero che, per sfuggire alla prigione, si faceva passare per matto ed internare in una clinica per alienati mentali. L'intrusione di questo personaggio libero, estremamente vitale, nell'universo condizionato della clinica, serviva all'autore per una critica feroce sui metodi di cura psichiatrica. QUALCUNO VOLO' SUL NIDO DEL CUCULO non è invece un film sugli istituti psichiatrici, una denuncia dei metodi curativi. In questo senso è ovviamente sbrigativo e superficiale. E chi nel film di Forman ha cercato il film a tesi, l'opera di denuncia precisa e realista non può che restarne deluso. Forman ha fatto, al contrario, una ballata quasi musicale. Una meditazione sul potere e sulla sua degenerazIone nella nostra società. L'ospedale è il mondo nel quale viviamo, gli ammalati (chi in misura minore o maggiore, chi volontario e chi prigioniero) siamo noi. L'infermiera, i medici, il capo, sono i diversi strumenti del Potere, i cardini di un sistema ben collaudato che, implacabile nella propria perfezione, tende al livellamento dei comportamenti, all'assoggettamento degli individui. Senza usare la forza, se non nei casi disperati. Ma con l'arma sottile della persuasione, dell'organizzazione. Cosi le pillole, la musica, la televisione sono i mezzi coi quali si distruggono progressivamente l'individuo, la sua capacità di riflessione e quindi di reazione. Il film di Forman ci dice tutto questo in un modo particolare, e che di diritto appartiene al regista cecoslovacco: il riso e il dramma sono fusi con una facilità ineguagliabile, al limite della sopportazione, La tragedia ed il senso del fantastico (il viaggio in battello, l'orgia finale) sono avvicinati con una pienezza di tono che già le sue opere precedenti (TAKING OFF, soprattutto) lasciavano indovinare.

Jack Nicholson è qualcosa di più di un abile mattatore: introdotto nella clinica come elemento perturbatore e liberatore egli passa dalla sfrontata sete di libertà dell'inizio alla rassegnazione, alla sconfitta, alla fagocitazione della fine con una gamma di mutazioni straordinarie. Forman ci restituisce una testimonianza della nostra epoca agghiacciante, poetica, dissacrante e commovente. Una denuncia del condizionamento politico dell'individuo che riesce anche ad essere spettacolo divertente, ed accessibile ad un grande pubblico. Pretendere di più sarebbe veramente eccessivo.


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