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QUARTET Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 15 aprile 2013
 
di Dustin Hoffman, con Maggie Smith, Tom Courtenay, Billy Connolly, Pauline Collins, Michael Gambon, Gwyneth Jones (Gran Bretagna, 2012)
 
Grandi attori, specie americani, hanno spesso ottenuto risultati splendidi anche passando “dall'altra parte della macchina da presa”; si pensi a Eastwood, Allen, Clooney, Redford, senza scomodare Pollack, Cassavetes, Orson Welles o Chaplin. A 75 anni, ci prova anche Dustin Hoffman. Ambienta la sua discreta e maliziosa riflessione a Beecham House, sontuosa dimora nell'altrettanto celestiale campagna fuori Londra destinata ad accogliere musicisti entrati nella terza età: si riferisce a una pièce di Ronald Harwood, a sua volta ispiratosi al grande documentario IL BACIO DI TOSCA che Daniel Schmid aveva girato nel 1984 nella Casa di Riposo per musicisti anziani, fondata a Milano alla fine dell'Ottocento da Giuseppe Verdi.

A parte il soggetto, no può esserci molto in comune fra QUARTET e lo straordinario viaggio nel Mito di un cineasta che aveva posto tutta la sua opera in equilibrio fantastico e barocco fra passione musicale e trasfigurazione visionaria delle immagini. Danel Schmid si serviva del documentario per permettere agli anziani ospiti di evadere dalla loro realtà, d'inventarsi una loro finzione; per evitare, come diceva il cineasta grigionese, “di ucciderli due volte”. Dustin Hoffman gira una fiction molto “british”, nella quale tutto è (pure gradevolmente) votato al bello, al prevedibile: dalla recitazione da parte della solita magistrale scuola inglese agli interni e esterni di nobile bellezza, dalle scelte musicali appropriate al bon ton generale, fino al tè delle cinque coi pasticcini.

Si tratta di salvare dai creditori questa lussuosa oasi di pace (che sarà vista da gran parte dei pensionati più con scetticismo che con invidia...) grazie ad un concerto di gala offerto dalle riluttanti vecchie glorie. Che il grande attore americano abbia attraversato l'oceano per metterla in scena si spiega forse con il fascino esercitato da sempre sugli attori di Hollywood dalla classe shakespeariana dei loro colleghi: nulla di più rassicurante, al fine di ottenere quella che gli uni come gli altri amano definire una “feel-good comedy”.


   Il film in Internet (Google)

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