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PAROLE, PAROLE, PAROLE
(ON CONNAIT LA CHANSON)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 20 novembre 1997
 
di Alain Resnais, con Pierre Arditi, Sabine Azèma, Jean-Pierre Bacri, André Dussolier, Agnès Jaoui, Lambert Wilson (Francia, 1997)
 
Di fronte ad un film come questo il vostro cronista si fa piccolo: per dirvi che se la stagione è quella delle foglie che ingialliscono ed i tempi presenti non vi appaiono a loro volta particolarmente eccitanti, se alla mattina stentate a svegliarvi di umore migliore di quando vi siete addormentati non è giunto ancora il momento di disperare. Semmai di rallegrarvi: di vivere ancora al tempo dei cantastorie e dei poeti.

Si diceva a proposito del suo precedente, già miracoloso SMOKING, NON SMOKING: qual'è quell'esile confine che divide la realtà dalla fantasia, la verità dall'apparenza? Quale il corso impercettibile del tempo che fa si che le psicologie mutano ed evolvano, che le verità non appaiono più quelle degli inizi? A 75 anni, una carriera incredibile alle spalle che lo ha condotto dall'avanguardismo provocatorio di HIROSHIMA MON AMOUR o di MARIENBAD a quell'inno giocoso e melanconico al tempo stesso, disincantato ma pure tragico, a quell'incredibile omaggio popolare che è ON CONNAIT LA CHANSON, Alain Resnais sembra avere una sua risposta. Valida fino ad una prossima intuizione, poiché il segreto degli artisti è quello di mai ripetere sé stessi, essa sembra riassumersi in un concetto estremamente semplice per un creatore di spettacoli: Poiché il teatro non cerca più di assomigliare alla vita, è la vita che sempre di più assume l'aspetto del teatro.

Il cinema di Resnais è allora sempre più teatrale; ma, paradossalmente, sempre meno simile a del teatro filmato.

La verità - immensa, giocosa, folgorante verità del suo ultimo cinema - sembra esplodere quanto più costretto, controllato, artificiale appare (a prima vista) il contenitore nel quale sono racchiuse le sue storie.

Poiché la prima ragione del piacere squisito procurato da ON CONNAIT LA CHANSON è quello di seguire una storia. Tutt'altro che una storia straordinaria: quella di Simon (André Dussolier) che ama Camille (Agnès Jaoui), alla quale però sembra soprattutto piacere Marc (Lambert Wilson), che ha però ha il difetto di amarle tutte. In quanto a Odile (Sabine Azime) che soprattutto s'annoia, lei ama probabilmente ancora Claude (Pierre Arditi), ma questi non l'ama ormai più. Un po' come Nicolas (Jean-Pierre Bacri): che si tiene alla larga da sua moglie Jane Birkin, limitandosi con ciò ad amare soprattutto sé stesso...

Teatro boulevardier, di quella tradizione popolare che Resnais, dall'apparenza cosi aristocratica, ha sempre amato? Solo in parte: piuttosto, il potere trainante della finzione. Di quel fascino sottile che conosciamo fin da bambini, quando il fabulatore mette assieme due personaggi miseri, avvicina due avvenimenti insignificanti. Ma già la nostra fantasia fugge in avanti, compie associazioni, scioglie conclusioni, srotola quella matassa di avventure nella mente che si chiama fabulazione.

Resnais ci mette il suo scatolone: fatto di ambienti neutri, artificiali anche se minuziosi di realtà, di colori stinti, falsi interni ma pure pseudo-esterni dai quali la luce del nostro bravissimo Renato Berta toglie le ombre del quotidiano per sostituirle con quelle diffuse del palcoscenico della vita. Dentro, nel contenitore, i dialoghi dapprima esilaranti, poi vieppiù rivelatori; e la scenografia, impeccabile nella sua meccanica, firmati dalla coppia formidabile Agnès Jaoui e Jean-Pierre Bacri. La medesima di SMOKING, NO SMOKING, ma che qui appare pure fra le gemme di un cast difficilmente eguagliabile.

Sabine Azéma, Pierre Arditi, André Dussollier fanno parte di una famiglia della quale si sente l'amalgama affettuoso, la complicità maliziosa: ed anche se un termine solitamente limitativo come quello di film d'attore non è di certo appropriato (come quello di teatro filmato) è quasi ovvio che ON CONNAIT LA CHANSON, condotto sul filo dei dialoghi, sia anche uno straordinario film di attori. E di cantanti?

Le sorprese non essendo più all'ordine del giorno nell'universo promozionale ed ipermediatizzato in cui viviamo, che si canti nell'ultimo Resnais non costituisce ormai più una sorpresa. La sorpresa, semmai, è di come si canti.

Senza che si noti nessun stacco tecnico fra la recitazione e la parte cantata, con una naturalezza che costituisce una delle tante ragioni di grazia del film, quasi per una continuazione di un loro discorso interiore alle labbra degli attori vengono incollate dei brevissimi, talora appena accennati, ritornelli del repertorio popolare francese fra gli anni 20 ed i tempi nostri. È un effetto comico, dapprima: poi, progressivamente lo spettatore si rende conto che questi rinvii particolari (certo, più mirati per lo spettatore francese; ed è forse il solo condizionamento a che ON CONNAIT LA CHANSON goda all'estero del medesimo successo che ha in patria) costituiscono un vero e proprio mondo a parte.

Resnais ci ha aggiunto ancora delle specie di incrostazioni: delle meduse in trasparenza, che si sovrappongono agli attori nella lunga sequenza finale. Sono destinate a completare l'opera di straniamento del film: a sottolineare quell'incanto, ma pure quel malessere che è indice della natura doppia dei personaggi.

Perché da spensierato divertimento boulevardier, ON CONNAIT LA CHANSON si fa allora qualcosa d'altro: una riflessione sul detto ed il non detto, sulla menzogna. Tutti mentono nel film. Moralmente; ma pure fisicamente, visto che uno dei temi del film sono l'ipocondria e la depressione, due situazioni nelle quali è evidente l'aspetto ambiguo, quasi menzognero del sintomo palpabile.

Tutto semplice, allora? Quando parlano gli attori mentono, mentre le parole da loro mimate in playback, rappresentano il vero senso dei loro pensieri? Sarebbe ridurre un'opera d'arte ad equazione. "L'immaginario è altrettanto reale della realtà" - dice Resnais - "Ciò che è stato visto in un film, o ascoltato in una canzone, interviene sulla gente allo stesso modo degli avvenimenti da loro effettivamente vissuti. Il nostro corpo si rende conto perfettamente che reale ed immaginario si equivalgono: paure o desideri di cose immaginarie possono provocare gli stesso sintomi di manifestazioni concrete."

Leggero, sereno e spassoso, poi quasi inconsciamente profondo fino ad essere quasi angosciato ON CONNAIT LA CHANSON è il frutto di una delle grandi intelligenze cinematografiche in circolazione: ma è tutto fuorché il risultato di un calcolo. Come gli irresistibili ritornelli sui quali ritorna, come la grazia incredibile dei suoi personaggi e l'importanza dei suoi piccoli avvenimenti è l'esempio di come la precisione di un mestiere unita all'umiltà di un'osservazione che non disdegna definirsi popolare conduce alla riflessione ed alla poesia.


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