Siamo onesti. Di autoriale, come di certo ama definire il proprio cinema, a giusto titolo Soderbergh, in OCEAN'S ELEVEN non è rimasto granché. La disinvoltura simpatica e ai limiti del compiacimento dello stile (con il regista che si è tolto il capriccio di occuparsi della fotografia di persona), camera a spalla non sempre gradevole allo stomaco, sequenze in bianco e nero e trovatine diverse, dialoghi rilassati ed un commento musicale che allietano il tono; e un montaggio che a colpi di spostamenti nello spazio e nel tempo tenta (ottenendo proprio l'effetto contrario) di vivacizzare una sceneggiatura scarsamente inventiva e progressivamente di tremenda confusione..

Con questi interventi formali Soderbergh ha voluto evidentemente evadere dagli schemi consunti del colpo grosso dei soliti noti: che qui si riassumono in un Clooney assente, un Pitt appena burlone, un Damon cosi inespressivo da chiedersi come sia riuscito a sfondare, la Zeta-Jones in brushing e tailleur, altrettanto credibile come ispettrice di polizia che Woody Allen nel ruolo di Tarzan.

Vabbè riferirsi all'episodio precedente. Ma, dopotutto, non si trattava esattamente della bibbia; per qualche malcapitato spettatore che non l'ha visto lo smarrimento diventa da urlo.