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  Stampa questa scheda Data della recensione: 20 gennaio 2014
 
di Alexander Payne, con Bruce Dern, Will Forte, June Squibb, Bob Odenkirk, Stacy Keach (Stati Uniti, 2013)
 
Ancora un premio all'Interpretazione più che meritato, quello di Cannes 2013 a un Bruce Dern in stato di grazia: settantaseienne gloriosa memoria di Hollywood, che finora gli aveva affidato solo (anche se significativi) secondi ruoli a partire dal 1960 del capolavoro di Elia Kazan WILD RIVER. Poi, uno da protagonista, COMPLOTTO DI FAMIGLIA di Hitchcock, sennò sempre una spanna sotto, nei titoli di testa, a John Voigt, Peter Fonda, Jack Nicholson, Robert Redford o Ryan O'Neal.

Finalmente, Bruce Dern si porta ora sulle spalle un film delicatamente tutto suo, una storia giusta, nella sua volontà di essere diretta e "normale": quella di un vecchio del Montana che si è messo in testa di recarsi a Lincoln nel Nebraska per incassare il milione di una lotteria vinta per corrispondenza. Moglie, figlio e chi gli sta attorno hanno un bel dirgli che si tratta di un annuncio pubblicitario: anche per alcolica testardaggine lui non demorde.

Buonista e prevedibile? Puntualmente, il figlio che l'accompagna nella lunga trasferta finisce per comprendere perché il genitore, reduce traumatizzato dalla guerra di Corea, si è dedicato più al whisky che ai figli. Gli alti e bassi umorali si alternano in una tempistica un po' scontata; e così quelli fra la distensione umoristica, la satira ambientale e i momenti accorati di riflessione esistenziale. Tragicomico nei dialoghi di una interpretazione formidabile il film vive però costantemente del ritorno di un regista acuto come Alexander Payne, reduce dalle Hawaii dell'ottimo PARADISO PERDUTO, nei luoghi dov'è cresciuto.

Certo, non siamo nell'unità di tono e d'intenti del capolavoro sul tema che subito viene alle mente, UNA STORIA VERA di David Lynch. Ma nel suo splendido bianco e nero (mai estetizzante, sempre alla ricerca del documento, firmato dal fedele Papamichael) il film è caro alla tradizione dello sguardo sociale fordiano, o di uno Steinbeck in letteratura. Della volontà costante d'indagare nella natura di un ambiente, di una condizione esistenziale autentica, lontana dalle convenzioni hollywoodiane.


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